Dopo il lockdown si è registrato un aumento di richieste per trattamenti di fecondazione assistita. Gli esperti parlano di un +20% rispetto all’anno scorso.
Lo ha spiegato in un’intervista all’agenzia ANSA il prof. Antonino Guglielmino, presidente della Società Italiana di Riproduzione Umana (Siru): “Il lockdown ha aumentato il desiderio di genitorialità. Tra metà giugno e metà luglio abbiamo visto un aumento in media del 20%, e con picchi del 30% in alcune regioni, di coppie che si sono rivolte ai centri per la Procreazione Medicalmente Assistita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”.
Molte nuove richieste
Il temporaneo stop alla PMA durante la pandemia è arrivato in un periodo dell’anno, la primavera, in cui la domanda è solitamente più alta. Molte delle richieste arrivate ai centri di PMA sono nuove e non provengono solo da quelle coppie che avrebbero voluto, ma non hanno potuto, accedere alla fecondazione assistita durante il lockdown. A pesare infatti è, “da un lato, la paura di nuove chiusure per eventuali seconde ondate di contagi e, dall’altro, un maggior desiderio di famiglia che in molte coppie la pandemia ha suscitato”, chiarisce l’esperto.
Centri PMA aperti anche ad agosto
Saranno molti i centri PMA aperti anche ad agosto, in modo da soddisfare le richieste rimaste in sospeso a causa dell’emergenza Covid-19. I trattamenti non effettuati sono stati 30-35.000. L’apertura estiva per i centri è una condizione anomala, trattandosi di un “periodo in cui normalmente si sospendono”. Secondo la SIRU, i cicli riproduttivi non effettuati nei mesi di marzo, aprile e maggio hanno portato a circa 4.500 nascite in meno.
Ottimi riscontri dalla consulenza online
Altra novità della fecondazione assistita nella Fase 3 riguarda i progressi compiuti verso la digitalizzazione, che sono stati conservati anche nel post lockdown. “Gran parte della consulenza preparatoria di tipo psicologico e genetico, oltre agli incontri di discussione per il consenso informato – prosegue il Prof. Antonino Guglielmino nell’intervista ad ANSA – è stata portata avanti online durante la pandemia. Ma il 40% delle coppie continua a preferirla anche ora che i centri hanno riaperto”.
Fecondazione assistita: riprendono i trattamenti dopo il via libera dal Centro Nazionale Trapianti e dal Registro Procreazione Medicalmente Assistita dell’Istituto Superiore della Sanità. Il primo consulto verrà effettuato in via telematica, per ridurre gli accessi ai Centri di PMA.
Il protocollo SIGO
Con il nuovo protocollo di sicurezza della Società italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo), anche tutti i trattamenti sospesi a causa del lockdown dovuto alla pandemia per Covid-19 potranno riprendere.
Il protocollo indica come riorganizzare le procedure di procreazione medicalmente assistita (PMA), per garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori sanitari.
«Se da un lato è necessario ripartire prontamente per non infrangere i sogni delle tante coppie che avrebbero dovuto iniziare o proseguire i trattamenti, dall’altro è fondamentale farlo in piena sicurezza» spiega la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia.
PMA Fase 2: cosa prevede il protocollo
«La nostra priorità era dare una risposta a tutte quelle coppie che avevano intrapreso un percorso di fecondazione assistita o che erano in procinto di farlo», ha detto il professor Nicola Colacurci, Coordinatore del gruppo GISS della SIGO che ha messo a punto il protocollo. «Donne e uomini che negli ultimi due mesi si sono sentiti abbandonati e hanno vissuto con grande sofferenza l’ansia del tempo che scorre (oltre il 30% delle partner femminili che accede alla PMA ha più di 40 anni) e il timore di perdere definitivamente le proprie chance riproduttive».
Il protocollo prevede di riorganizzare gli spazi e le attività dei Centri di PMA. Inoltre, sono stati introdotti tre triage successivi, per verificare lo stato di salute dei pazienti e degli operatori sanitari.
Il primo consulto si effettuerà in via telematica, per ridurre gli accessi ai Centri di PMA.
Nelle fasi successive, se uno dei due partner presenta sintomi anche lievi verrà sottoposto a test sierologico. I pazienti positivi a Covid-19 devono essere esclusi da qualsiasi trattamento. Anche il prelievo di ovociti o il transfer di embrioni saranno rimandati. Allo stesso modo, gli operatori infetti o sospettati di esserlo verranno isolati dal Centro PMA.
I dati della PMA in Italia
Le coppie che accedono alla procreazione medicalmente assistita in Italia sono circa 8.000 ogni mese. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 78.366 coppie hanno fatto ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita nel 2017, con più di 18 mila gravidanze.
«C’è un aspetto di estrema rilevanza in chiave strategica di contenimento del virus durante la Fase 2», aggiunge Nicola Colacurci, «le coppie in cerca di prole sono tutte in età lavorativa e quindi potenzialmente più esposte al rischio di contagio. Pertanto, utilizzando l’andamento epidemiologico in tempo reale (tre triage successivi) delle coppie che si sottopongono a PMA, le Istituzioni sanitarie regionali potrebbero disporre di un campione selettivo dell’andamento epidemiologico dell’intera popolazione regionale».
Coronavirus: dal 4 maggio anche i centri di PMA potrebbero ripartire, pur con le dovute precauzioni. Questo è ciò che si deduce da quanto ha affermato il Ministro Roberto Speranza, commentando l’ultimo DPCM che regola la Fase 2. Lo ha fatto su Facebook, affermando che “Grazie ai sacrifici delle donne e degli uomini del nostro Paese si sta finalmente piegando la curva dei contagi. Per questo dal 4 maggio possiamo avviare con prudenza una fase nuova. Il nostro principio guida è stato, e sarà sempre, quello della tutela della salute. Anche nella fase che si apre il senso di responsabilità di ciascuno è la vera chiave per vincere la sfida. Insieme ce la faremo”
Il lockdown per la procreazione medicalmente assistita
Uno dei settori sanitari che ha subito una brusca interruzione dall’inizio del lockdown è quello della procreazione medicalmente assistita. Sono moltissime, infatti, le coppie che si sono viste sospendere i trattamenti programmati. Pre alcune di queste coppie la tempestività è fondamentale per superare le difficoltà di concepimento. Si stima che, per ogni mese di inattività, i mancati trattamenti siano stati 8.000.
Ora che il Governo si è espresso sulla Fase 2, quali saranno i modi e i tempi della riapertura per la PMA?
Già all’inizio di aprile il Gruppo di Interesse Speciale sulla Sterilità (GISS) della SIGO e delle sue Federate ha predisposto un documento di raccomandazioni per poter riprendere in sicurezza i trattamenti di procreazione medicalmente assistita. Si tratta di “strategie comportamentali che suggeriamo di attuare per poter riprendere le attività in totale sicurezza, per il personale e per i pazienti”, come afferma il Professor Nicola Colacurci, coordinatore del GISS, in un’intervista a Quotidianosanità.
I ginecologi attendono ora “un’autorizzazione istituzionale da parte del Governo e delle Regioni e in piena sintonia con l’Istituto Superiore di Sanità e del Centro Nazionale Trapianti” – prosegue il Prof. Colacurci nell’intervista. “Sono loro che devono dare il via libera, contemporaneamente ai centri pubblici, privati e privati accreditati, per poter riprendere le attività. Le istituzioni devono decidere se questo debba avvenire contemporaneamente su tutto il territorio nazionale oppure se, alla luce dei dati relativi alla pandemia, ipotizzare una ripartenza scaglionata.”
Fonte: Quotidianosanità.it
Fecondazione assistita e Covid-19: anche nell’ambito della fecondazione assistita l’emergenza sanitaria legata alla Covid-19 ha generato molte preoccupazioni sia per gli operatori sanitari sia per le coppie che stanno pianificando la propria famiglia.
La pandemia ha portato alla sospensione dei trattamenti di procreazione medicalmente assistita. Per le coppie coinvolte – come ha sottolineato ad Ansa il ginecologo Antonino Guglielmino, presidente della Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU) – “si tratta di un temporaneo ma grave disagio, da affrontare con la corretta informazione e con equilibrio emotivo”.
La task force
La SIRU, Società Italiana di Riproduzione Umana, ha attivato due task force di specialisti a disposizione dei pazienti e degli operatori sanitari per la valutazione dei rischi materno-fetali-neonatali associati all’infezione Covid-19 in gravidanza. È possibile usufruire di un servizio online e pianificare un contatto video giornaliero, che garantisce aggiornamenti e raccomandazioni per gli operatori sanitari e le coppie che cercano informazioni e assistenza.
Il servizio
Il servizio di supporto è multidisciplinare: due task force, una composta da infettivologi ed esperti in medicina della riproduzione, l’altra da psicologi e psicoterapeuti. Quest’ultima, in particolare, è dedicata alle coppie che a causa della pandemia sono costrette ad attendere il superamento della fase di emergenza per realizzare il proprio sogno di diventare genitori.
“Rimandare non significa rinunciare” – conclude Guglielmino – “ci stiamo preparando ad una lenta ripresa dell’attività assistenziale nella prospettiva di convivenza con il coronavirus”.
PMA e Covid-19: come dovrebbe cambiare l’approccio alla riproduzione assistita ai tempi del coronavirus? Stiamo combattendo una pandemia virale senza precedenti. L’ASRM (American Society for reproductive medicine) ha, a questo proposito, fornito a questo proposito precise raccomandazioni. Queste hanno come obiettivo la tutela della salute e della sicurezza dei pazienti, così come del personale. Si tratta di una guida che affronta una lacuna nelle attuali linee guida che riguardano la COVID-19, che menzionano solo indirettamente l’infertilità e il suo trattamento. Le coppie che stanno sottoponendosi a terapie di PMA non devono dunque sorprendersi se il loro centro di riferimento decide di assumere precauzioni anche importanti, è per il bene comune. Va sottolineato che la Società scientifica rivaluterà regolarmente queste raccomandazioni, con la speranza di riprendere al più presto l’inizio di un’assistenza completa per la fertilità.
PMA e Covid-19: le raccomandazioni durante l’epidemia di coronavirus
Le raccomandazioni generali valgono sempre. Quindi prima tra tutte, è valida l’indicazione ad attuare ogni necessaria azione per mitigare il rischio e per mantenere il distanziamento sociale. Anche i viaggi non essenziali, soprattutto nelle zone ad alto impatto, dovrebbero essere evitati quando possibile. La gestione attiva dei pazienti deve dunque seguire queste indicazioni.
In particolare, si consiglia di:
Sospendere l’inizio di nuovi cicli di trattamento, compresa l’induzione dell’ovulazione, le inseminazioni intrauterine (IUI), la fecondazione in vitro (FIV), compresi i prelievi e i trasferimenti di embrioni congelati, nonché la crioconservazione dei gameti non urgenti.
Prendere fortemente in considerazione l’annullamento di tutti i trasferimenti di embrioni, sia freschi che congelati. Al momento, infatti, vi è una scarsità di dati relativi all’impatto e al rischio potenziale di COVID-19 sulla gravidanza, sul feto e sul benessere del bambino. I cicli di donazione diretta di ovociti, in cui la donatrice ha iniziato la stimolazione ovarica, possono essere continuati e gli embrioni devono essere crioconservati per un uso futuro.
Continuare a prendersi cura dei pazienti che sono attualmente “in ciclo” o che richiedono una stimolazione e una crioconservazione urgenti.
Sospendete gli interventi chirurgici elettivi e le procedure diagnostiche non urgenti.
Ridurre al minimo le interazioni interpersonali e aumentare l’utilizzo della telesalute.
Infine, si consiglia di non sottoporre le pazienti con COVID-19 attivo a un trattamento di fertilità, a meno che non richiedano un’urgente conservazione della fertilità.