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Il Ministero della Salute ha pubblicato il report annuale sul Certificato di Assistenza al Parto (Cedap) relativo al 2021. Sono numerosi i punti interessanti che emergono, su alcune delle tematiche più attuali del nostro Paese. Vediamo quali.

L’ 89,0% dei parti nel 2022 è avvenuto in Istituti di cura pubblici, il 62,2% dei parti in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Il 20,0% delle madri sono straniere. L’età media al primo figlio è per le donne italiane superiore a 32 anni.

È quanto risulta dal Rapporto sull’evento nascita in Italia, realizzato dall’Ufficio di Statistica del Ministero. Nel Rapporto sono presentate le analisi dei dati rilevati dal flusso informativo del Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP) dell’anno 2022.

La rilevazione – istituita dal Decreto del Ministro della sanità 16 luglio 2001, n. 349  – costituisce a livello nazionale la più ricca fonte di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all’evento nascita e rappresenta uno strumento essenziale per la programmazione sanitaria nazionale e regionale, con un livello di copertura pressoché totale.

I trend 2012 – 2022

Nel Rapporto sulle nascite in Italia anno 2022 sono stati introdotti alcuni elementi innovativi, relativi agli andamenti di tendenza, dall’anno 2012 all’anno 2022 (sia in veste di rappresentazioni grafiche che di tabelle), delle principali variabili osservate: il luogo del parto, le caratteristiche delle madri, la gravidanza, il parto, il neonato e le tecniche di procreazione medicalmente assistita.

La percentuale dei parti pretermine (<37 settimane) passa da circa 7 parti pre-termine ogni 100 parti a 6; aumenta l’età media delle madri al primo figlio (sia per le italiane che per le straniere); l’età media al primo figlio per le donne italiane passa da 31,5 del 2012 a 32,2 del 2022. Per le donne straniere l’età media al primo figlio passa da 27,7 a 29,2 anni.

Nel Rapporto sulle nascite emerge un aumento notevole del numero di visite di controllo effettuate in gravidanza, così come le ecografie; nel 91,9% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a 4 mentre nel 76,7% delle gravidanze si effettuano più di 3 ecografie. Per l’amniocentesi invece la percentuale delle madri con più di 40 anni, che ricorre a questa tecnica diagnostica, passa dal 33% del 2012 al 6% del 2022 (e si riduce drasticamente per tutte le classi di età analizzate).

Anche la percentuale di parti cesarei si riduce, passando dal 36% del 2012 al 31% circa del 2022, effetto diversificato a seconda della tipologia di struttura ospedaliera dove essi avvengono, di conseguenza si assiste ad un aumento della percentuale di parti vaginali.

Continua il fenomeno della denatalità (535.428 nati totali nel 2012, 393.997 nel 2022), ma diminuisce (seppur lievemente) la percentuale di nati morti.

I dati sulla PMA

La percentuale di donne che ricorre alla fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (FIVET) passa dal 37% del 2012 al 48% dell’anno 2022 e continua ad essere la tecnica più utilizzata; aumenta invece solo lievemente la percentuale di chi ricorre al metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI).

Nel complesso i parti con procreazione medicalmente assistita PMA aumentano del 73% nel periodo considerato, ma diminuisce notevolmente la percentuale di parti plurimi in gravidanza con PMA (21% nel 2012, 9% nel 2022).

Dove partoriscono le donne in Italia

L’ 89,0% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, il 10,8% nelle case di cura e solo lo 0,15% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, etc.). Nelle Regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse. Il 62,2% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui.

Le caratteristiche delle madri: cittadinanza, grado di istruzione e professione

Nel 2022, circa il 20,0% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Tale fenomeno è più diffuso nelle aree del Paese con maggiore presenza straniera, ovvero al Centro-Nord, dove più del 26% dei parti avviene da madri straniere. Le aree geografiche di provenienza più rappresentate, sono quella dell’Africa (28,7%) e dell’Unione Europea (19,6%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana costituiscono rispettivamente il 19,3% e il 7,9% delle madri straniere.

Delle donne che hanno partorito nell’anno 2022 il 42,5% ha una scolarità medio alta, il 22,7% medio bassa e il 34,8% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (41,3%).

L’analisi della condizione professionale evidenzia che il 58,6% delle madri ha un’occupazione lavorativa, il 24,7% sono casalinghe e il 14,5% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione.

I neonati

Lo 0,9% dei nati ha un peso inferiore a 1.500 grammi ed il 6,2% tra 1.500 e 2.500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato tramite indice di Apgar, il 98,5% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10.

Sono stati rilevati 994 nati morti corrispondenti a un tasso di natimortalità, pari a 2,40 nati morti ogni 1.000 nati, e registrati 4.332 casi di malformazioni diagnosticate alla nascita.

Fonte:

Gli ultimi dati ISTAT parlano chiaro: è nuovo record di denatalità in Italia. Inoltre, la pandemia ha accentuato il calo dei nati, che continua anche nel 2021.

Nel 2020 i nati sono 404.892 (-15 mila sul 2019). Il calo (-2,5% nei primi 10 mesi dell’anno) si è accentuato a novembre (-8,3% rispetto allo stesso mese del 2019) e dicembre (-10,7%), mesi in cui si cominciano a contare le nascite concepite all’inizio dell’ondata epidemica.

La denatalità prosegue nel 2021. Secondo i dati provvisori di gennaio-settembre le minori nascite sono già 12 mila 500, quasi il doppio di quanto osservato nello stesso periodo del 2020. Il numero medio di figli per donna scende nel 2020 a 1,24 per il complesso delle residenti, da 1,44 negli anni 2008-2010, anni di massimo relativo della fecondità.

Questo è quanto emerge dal Report Natalità 2020 dell’Istituto Nazionale di Statistica.

  • 1,17 è il numero medio di figli delle donne di cittadinanza italiana, il più basso di sempre
  • 31,4 anni è l’età media alla nascita del primo figlio
  • 47,5% è la percentuale di primi figli, 8 mila in meno in un solo anno, -4,1% rispetto al 2019
La popolazione femminile in età feconda si è modificata

Si tratta di un fenomeno di rilievo, in parte dovuto agli effetti “strutturali” indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In questa fascia di popolazione le donne italiane sono sempre meno numerose: da un lato, le cosiddette baby-boomers (ovvero le donne nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) stanno uscendo dalla fase riproduttiva (o si stanno avviando a concluderla); dall’altro, le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti. Queste ultime scontano, infatti, l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995, che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995.

8 mila primi figli in meno in un anno

La fase di calo della natalità avviatasi nel 2008 si ripercuote soprattutto sui primi figli (47,5% del totale dei nati): nel 2020 sono 192.142 (oltre 8 mila in meno sul 2019, pari a -4,1%; -32,5% sul 2008).

La forte contrazione dei primi figli rispetto al 2008 interessa tutte le aree del Paese. Tale fenomeno testimonia la difficoltà che hanno le coppie, soprattutto le più giovani, nel formare una nuova famiglia con figli. Questa problematica è diversa rispetto all’inizio del millennio, quando la criticità riguardava soprattutto il passaggio dal primo al secondo figlio.

Tra le cause del calo dei primi figli vi è la prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine. A sua volta, questa è dovuta a molteplici fattori: il protrarsi dei tempi della formazione, le difficoltà che incontrano i giovani nell’ingresso nel mondo del lavoro e la diffusa instabilità del lavoro stesso, le difficoltà di accesso al mercato delle abitazioni, una tendenza di lungo periodo di bassa crescita economica, oltre ad altri possibili fattori di natura culturale.

Forte impatto della pandemia sulle nascite

Il forte calo dei nati a gennaio 2021, tra i più ampi mai registrati, dopo quello già marcato degli ultimi due mesi del 2020, lascia pochi dubbi sul ruolo svolto dall’epidemia. Il crollo delle nascite tra dicembre e febbraio, riferibile ai mancati concepimenti della prima ondata pandemica, poteva essere dovuto al posticipo di pochi mesi dei piani di genitorialità. Tuttavia, dai primi dati disponibili, tale diminuzione sembra l’indizio di una tendenza più duratura in cui il ritardo è persistente o, comunque, tale da portare all’abbandono nel breve termine della scelta riproduttiva.

Posticipano la maternità soprattutto le donne più giovani

L’evoluzione della natalità è fortemente condizionata dalle variazioni nella cadenza delle nascite rispetto all’età delle madri. In questo scenario è interessante osservare come abbia agito la crisi sulle scelte riproduttive di una popolazione che diventa genitore sempre più tardi. A livello nazionale, nel periodo gennaio-ottobre 2020 la contrazione dei nati riguarda soprattutto le giovanissime (-5,6% per le donne fino a 24 anni) ed esclude solo le età più avanzate, che presentano invece un aumento (+7,1% nella classe di età 45 e oltre).

Le fasce di età più giovani sono le uniche a mostrare un rinvio della maternità, facendo evidenziare variazioni sempre negative in tutto il periodo considerato.

La fecondità delle cittadine italiane è al minimo storico

Il record di denatalità in Italia è confermato anche dai dati che seguono. Nel 2020 le donne residenti in Italia tra 15 e 49 anni hanno in media 1,24 figli (1,27 nel 2019), accentuando la diminuzione in atto dal 2010, anno in cui si è registrato il massimo relativo di 1,44. Per trovare livelli di fecondità così bassi per il complesso delle donne residenti bisogna tornare indietro ai primi anni Duemila.

 

Fonte: ISTAT – NATALITÀ E FECONDITÀ DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE | ANN0 2020. Disponibile al link: https://www.istat.it/it/files//2021/12/REPORT-NATALITA-2020.pdf