Gli ultimi dati dell’ISS Istituto Superiore di Sanità indicano che in Italia 1,8 milioni di donne in età riproduttiva convivono con l’endometriosi. Si tratta di una patologia cronica e invalidante, come riconosciuto anche dal Parlamento nel 2023.
L’endometriosi, in particolare il dolore, può avere un enorme impatto sulla qualità della vita, sul funzionamento fisico, sulle attività di tutti i giorni e sulla vita sociale, sulla salute mentale e sul benessere emotivo. Tuttavia, la malattia è sotto-diagnosticata e le statistiche indicano che il tempo medio per una diagnosi corretta è di circa 7 anni, per via della natura poco specifica dei sintomi.
Ma alcuni studi recenti evidenziano un’incidenza crescente di casi diagnosticati, anche grazie a una maggiore consapevolezza della malattia
Uno degli aspetti su cui impatta la patologia è la qualità ovocitaria. Ne abbiamo parlato con il Dottor Fulvio Cappiello, ginecologo, responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita – Gametica Clinica Mediterranea di Napoli.
Cos’è l’endometriosi e come viene classificata?
L’endometriosi è una condizione infiammatoria cronica estrogeno-dipendente che colpisce le donne nel loro periodo riproduttivo causando infertilità e dolore pelvico.
L’endometriosi è eterogenea e comprende diverse entità anatomiche come:
Endometriosi ovarica
Endometriosi peritoneale
Endometriosi infiltrante profonda
Mentre la prevalenza stimata dell’endometriosi è del 6%-10% nella popolazione femminile generale (in Italia 1,4% della popolazione femminile tra i 15-50 anni), si stima che il 35%-50% delle donne infertili sia affetto da questa patologia.
La comunità scientifica ha elaborato alcuni sistemi di classificazione standard e lo stadio dell’endometriosi è derivato da un punteggio cumulativo. Secondo la classificazione della American Society for Reproductive Medicine il sistema di valutazione considera le dimensioni delle lesioni endometriosiche nelle ovaie, nel peritoneo e nelle tube di Falloppio e la gravità delle aderenze in ciascuno dei siti sopra menzionati. l sistema di staging è stato suddiviso in quattro fasi:
I (da 1 a 5 punti, lieve),
II (da 6 a 15 punti, moderato)
III (da 16 a 30 punti, grave)
IV (da 31 a 54 punti).
Il punteggio ENZIAN è determinato dall’estensione dell’endometriosi evidenziata durante l’intervento chirurgico. La gravità della lesione è impostata su:
invasività < 1 cm per il grado 1
invasività da 1 a 3 cm per il grado 2
invasività > 3 cm per il grado 3.
Il sistema EFI ha come obiettivo di prevedere il tasso di gravidanza in pazienti con endometriosi documentata chirurgicamente che non hanno effettuato tentativi di gravidanza con la fecondazione in vitro (FIV). Il punteggio EFI viene calcolato sommando i punteggi storici e chirurgici e varia da 0 a 10 punti, dove 10 indica la prognosi migliore e 0 la prognosi peggiore.
Come riconoscere l’endometriosi?
I sintomi più comuni sono: forti dolori mestruali, dolore pelvico, dolore nei rapporti sessuali, flusso mestruale abbondante, infertilità, dolore nella minzione, costipazione o diarrea, depressione.
L’infertilità associata all’endometriosi può essere spiegata da diversi meccanismi non esclusivi:
Disfunzione delle tube di Falloppio
Infiammazione cronica della cavità pelvica, che può interrompere la sopravvivenza e la fecondazione dei gameti,
Interruzione dei processi fisiologici dell’impianto
Difetti immunologici
Anomalie ovariche (alterazione della quantità e/o qualità dell’ovocita, potenziale alterazione del microambiente ovocitario in donne affette da endometriosi correlata ad una variazione del profilo di espressione delle citochine)
È ampiamente dimostrato che la qualità degli ovociti possa essere un fattore importante di infertilità in queste pazienti.
Come si può studiare la qualità degli ovociti?
I fattori da considerare sono:
Alterazione della steroidogenesi
Alterazione dell’ambiente intrafollicolare
Cambiamenti morfologici generali
Anomalie del fuso mitotico
Compromissione della struttura mitocondriale
Si tratta di processi fisiologici molto complessi, che non descriveremo in dettaglio in questa sede, ma che danno l’idea di quanto ampio possa essere l’impatto dell’endometriosi su questi meccanismi e, di conseguenza, sulla qualità degli ovociti.
Qual è l’approccio più appropriato per la gestione dell’endometriosi?
La gestione dell’endometriosi deve tenere conto del fatto che la malattia è cronica e coinvolge il sistema riproduttivo. Di conseguenza, il trattamento e la consulenza dovrebbero mirare a preservare le possibilità di gravidanza per la paziente, anche se non è associata all’infertilità.
Da un recente studio condotto da ricercatori italiani emerge che nella maggior parte dei casi (94,2%) si ricorre alla crioconservazione degli ovociti per ragioni legate all’età, solo nel 2,1% dei casi per ragioni legate all’endometriosi.
La preservazione della fertilità attraverso la crioconservazione potrebbe rappresentare una valida opzione terapeutica per le donne affette da endometriosi che sono a rischio di progressione della malattia o necessitano di un intervento chirurgico per aumentare le loro future possibilità riproduttive.
Practice Committee of the American Society for Reproductive Medicine, 2004
Garrido N. et al. Follicular hormonal environment and embryo quality in women with endometriosis. Hum. Reprod. Update 6, 67–74 (2000)
Garrido, N., Pellicer, A., Remohi, J. & Simon, C. Uterine and ovarian function in endometriosis. Semin. Reprod. Med. 21, 183–192 (2003).
Coccia ME, Nardone L, Rizzello F. Endometriosis and Infertility: A Long-Life Approach to Preserve Reproductive Integrity. Int J Environ Res Public Health. 2022 May 19;19(10):6162. doi: 3390/ijerph19106162. PMID: 35627698; PMCID: PMC9141878.
Endometriosi e gravidanza: un binomio che sembra impossibile. Cos’è l’endometriosi? Quali sono i sintomi e quali le terapie? Chi soffre di questa patologia può realizzare il sogno di diventare mamma?
Ne abbiamo parlato con la Dr.ssa Sara Scandroglio, specialista in ginecologia e ostetricia.
Cos’è l’endometriosi
L’endometriosi viene definita come la presenza di tessuto simil-endometriale funzionale (epitelio, ghiandole e stroma) al di fuori della cavità uterina. Le cellule che compongono i focolai endometriosici, infatti, sono estremamente simili a quelle che compongono l’endometrio (la mucosa che riveste la superficie interna dell’utero) dal punto di vista strutturale e funzionale: il tessuto endometriosico si trova perciò in sede “ectopica” (dove normalmente non dovrebbe essere), ma risponde agli stimoli ormonali ciclici femminili esattamente come farebbe l’endometrio. Lo stimolo ormonale di natura estrogenica stimola la proliferazione delle cellule endometriosiche e, conseguentemente, determina la sintomatologia clinica [1].
La causa dell’endometriosi
Sebbene la causa dell’endometriosi non sia a tutt’oggi chiaramente definita, sono state sviluppate diverse ipotesi: secondo alcuni autori, le cellule endometriali sfaldate durante la mestruazione arriverebbero in cavità peritoneale attraverso le tube di Falloppio, mediante un processo definito “mestruazione retrograda”, e si impianterebbero; altre teorie ipotizzano che le cellule endometriosiche derivino da cellule staminali dislocate in sede ectopica durante il processo di organogenesi in fase embrionale, le quali rimarrebbero quiescenti durante la fase pre-puberale e si riattiverebbero durante la fase fertile della vita, in seguito agli stimoli ormonali [2].
A prescindere dalla modalità con la quale le cellule endometriosiche arrivano e si impianto in cavità pelvica, queste ultime in condizioni fisiologiche dovrebbero venire attaccate ed eliminate dal sistema immunitario (linfociti T, cellule Natural Killer e macrofagi) della paziente: nelle pazienti affette da endometriosi è stato osservato in numerosi studi che questo “controllo immunitario” a livello peritoneale appare limitato, per cui le cellule endometriosiche “evadono la sorveglianza” da parte del sistema immunitario e si impiantano e proliferano in cavità pelvica [3]. Appare chiaro perciò che la genesi della patologia sia riconducibile a diversi aspetti, non mutuamente esclusivi, di natura genetica, epigenetica ed immunologica.
Le caratteristiche della patologia
L’endometriosi si caratterizza come una patologia dell’età riproduttiva. Secondo le ultime linee guida dell’European Society of Human Reproduction and Embryology, la patologia colpisce circa una donna su dieci, ed è associata all’infertilità in circa il 50% dei casi [4]. Le sedi dove si sviluppano più frequente le lesioni endometriosiche sono: le ovaie, il peritoneo che riveste la cavità pelvica, il cavo di Douglas ed il setto-retto-vaginale ed i legamenti dell’utero. In una percentuale minore di casi viene interessato l’intestino e/o l’apparato urinario (soprattutto vescica ed ureteri. In casi estremamente rari la patologia può interessare sedi molto lontane dalla cavità pelvica, quali gli organi toracici o l’encefalo.
I sintomi
La sintomatologia è riconducibile principalmente al dolore pelvico acuto (usualmente in concomitanza della fase mestruale) e cronico, dispareunia (dolore durante i rapporti), sterilità/infertilità, sanguinamenti intermestruali. A questi si possono aggiungere alcuni sintomi specifici, quali dolore alla defecazione e sanguinamento rettale (in caso di interessamento intestinale) o ematuria (in caso di interessamento uretero-vescicale). Chiaramente la sintomatologia può presentare notevoli ripercussioni invalidanti sulla vita della paziente: basti solo pensare all’impatto che il dolore pelvico cronico può avere sul lavoro della donna o, parimenti, la presenza di dispareunia e l’infertilità sul rapporto di coppia [5]. Per questo motivo è assolutamente fondamentale avere un approccio multidisciplinare alla paziente, con professionisti di diverse discipline, possibilmente in centri di riferimento per il management della patologia [6].
La classificazione
Usualmente l’endometriosi viene classificata in 4 stadi secondo il “revised American Fertility Society score”, a seconda della gravità della patologia [7]. È importantissimo sottolineare, però, che non sempre lo stadio di malattia è correlato alla gravità della sintomatologia: anche pazienti al I-II stadio possono presentare elevati livelli di dolore pelvico o essere infertili. Dal punto di vista prettamente clinico, si distinguono tre tipi principali di lesioni endometriosiche: lesioni peritoneali superficiali, endometriomi (cisti endometriosiche) ovarici ed endometriosi profonda infiltrante (“Deep Infiltrating Endometriosis”). Quest’ultimo tipo è quello più difficile da trattare dal punto vista chirurgico e farmacologico, e che può comportare esiti invalidanti [8].
La diagnosi
Il sospetto diagnostico per endometriosi viene posto innanzitutto sulla base di un’accurata raccolta della storia clinica della paziente e della visita ginecologica (o rettale, in caso di paziente virgo), a cui segue usualmente il supporto ecografico, utile nella diagnosi di endometriomi e di focolai di endometriosi profonda infiltranti [9]; in casi selezionati si potranno utilizzare anche altre metodiche, quali la Risonanza Magnetica Nucleare o la cistoscopia per escludere la presenza di cistite interstiziale, che spesso si associa ad endometriosi. Sebbene ci sia anche la possibilità di utilizzare marcatori sierologici come il CA-125, le ultime linee guida dell’European Society of Human Reproduction and Embryology raccomandano di escluderli data la loro bassissima sensibilità e specificità (non è raro infatti avere valori di CA-125 nel range di normalità anche in caso di diagnosi accertata!) [4]. Una volta posto il sospetto diagnostico, il “gold standard” per la diagnosi è rappresentato dalla laparoscopia, cui deve seguire necessariamente conferma istologica dei campioni prelevati dai focolai visualizzati.
La terapia medica
La terapia medica si avvale dell’utilizzo di diversi preparati ad azione ormonale [10], quali i progestinici o gli estroprogestinici in regime continuativo (senza interruzione, al fine di evitare il sanguinamento pseudo-mestruale), somministrabili per via orale, vaginale, intrauterina (intrauterine device – IUD, cosiddetta “spirale”), transdermica o ancora mediante impianti sottocutanei. Qualora queste terapie dovessero risultare non sufficienti, c’è la possibilità di prescrivere gli analoghi del Gonadotropin-releasing hormone (GnRH), da riservare esclusivamente per brevi periodi di tempo (massimo 6 mesi), possibilmente con l’utilizzo contemporaneo di un estroprogestinico (cosiddetta “add-back therapy”) ed escludendo le pazienti adolescenti, considerando i deleteri effetti di questo farmaco sulla massa ossea.
La terapia chirurgica
La terapia chirurgia attualmente è principalmente laparoscopica [11], per il ridotto rischio di emorragia nel corso dell’intervento, la minore incidenza di aderenze post-operatorie, la riduzione della degenza e della convalescenza, il minimo danno estetico. Una delle nuove prospettive della chirurgia mini-invasiva è rappresentata altresì dalla chirurgia robotica. Qualunque sia la tecnica chirurgica utilizzata, è fondamentale l’eradicazione di tutto il tessuto patologico, l’elettrocoagulazione dei focolai peritoneali, e, per quanto possibile, il ripristino della normale anatomia e la preservazione del parenchima ovarico indenne. In ogni caso, chirurgia per endometriosi dovrebbe essere riservata a centri di riferimento [6], specialmente nel caso di endometriosi profonda infiltrante.
Il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita
L’endometriosi nei suoi diversi stadi può comportare infertilità e in questo caso risulta fondamentale il ricorso precoce da parte della coppia a tecniche di Procreazione Medicalmente assistita. Il medico specialista ha il compito di informare la coppia e di avviarla ad un percorso specialistico volto all’ottenimento della gravidanza.
Secondo le ultime linee guida ESHRE solo in caso di coppia giovane con endometriosi stadio primo è possibile proporre un percorso di I livello con 3 cicli di inseminazione intrauterina, in tutti gli altri stadi di malattia, tenendo conto sia della componente infiammatoria della patologia che della riduzione della riserva ovarica che della distorsione della anatomia pelvica è indicato un percorso di IVF di II livello (FIVET o ICSI).
Ottenere la gravidanza risulta dunque possibile e la gravidanza stessa, con l’allattamento successivo potranno costituire fattori protettivi per tutto il periodo dalla sintomatologia dolorosa e dal peggioramento del quadro endometriosico.
Dr.ssa Sara Scandroglio, Specialista in Ginecologia e Ostetricia
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Disturbi dell’ovulazione e difficoltà di concepimento sono collegati. L’ovulazione è un processo molto delicato e le “interferenze” che lo rendono imperfetto non solo influiscono sul concepimento ma talvolta portano all’infertilità. Infatti, circa il 25% dei casi di infertilità femminile è causato da disfunzioni ormonali che possono portare ad anovulazione.
Vediamo alcuni dei disturbi e delle patologie più frequenti.
Sindrome dell’ovaio policistico
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) colpisce il 5-10% delle donne e causa importanti effetti sulla salute della donna. Le ovaie risultano ingrossate, con cisti multiple e la donna presenta alterazioni endocrinologiche e metaboliche. I segni e sintomi più frequenti sono: irsutismo, alopecia androgenetica e disturbi mestruali.
La PCOS è un’alterazione funzionale del sistema riproduttivo, pertanto ha un impatto achee sull’ovulazione. Di per sè non è sinonimo di sterilità. Uno stile di vita sano e corretto praticato sin dalla più giovane età aiuta nella prevenzione di questa condizione clinica.
Endometriosi
E’ una patologia che si associa ad infertilità nel 10% circa della popolazione femminile in età fertile. L’endometriosi è caratterizzata dalla presenza di endometrio al di fuori della cavità uterina, solitamente nella pelvi. Il trattamento nei casi lievi può essere medico mentre, in quelli più gravi, è prevalentemente chirurgico.
Insufficienza ovarica precoce
L’insufficienza ovarica precoce è una condizione caratterizzata dall’assenza di mestruazioni. I cicli mestruali possono non comparire del tutto (amenorrea primaria), oppure interrompersi precocemente prima dei 40 anni (amenorrea secondaria).
La malattia è dovuta ad anomalie nella formazione e nello sviluppo del follicolo, la struttura dell’ovaio deputata alla maturazione della cellula uovo. Comporta infertilità e presenta sintomi analoghi a quelli della menopausa, come palpitazioni, intolleranza al caldo, rossori improvvisi, ansia, depressione.
Come conseguenza dell’insufficienza ovarica precoce alcuni ormoni sessuali come le gonadotropine (LH e FSH) aumentano, mentre gli estrogeni si riducono. Queste alterazioni ormonali, tipiche della menopausa, provocano disturbi metabolici e cardiovascolari e insorgenza precoce di osteoporosi.
Iperprolattinemia
L’iperprolattinemia è un’altra causa di anovulazione, anche se poco frequente. Le cause possono essere adenomi ipofisari, assunzione di farmaci, ipotiroidismo o insufficienza renale cronica.
Cosa fare?
Nei casi di anovulazione si può indurre l’ovulazione mediante la somministrazione di alcuni farmaci (clomifene citrato e gonadotropine). L’induzione farmacologica dell’ovulazione deve associarsi a stretto monitoraggio ecografico della crescita follicolare fino all’ovulazione ed essere seguito da rapporti mirati o inseminazioni intrauterine.
I rischi maggiori di questi trattamenti sono la sindrome da iperstimolazione ovarica e le gravidanze multiple.
Nei casi di infertilità anovulatoria è fortemente consigliata una stretta collaborazione tra ginecologo ed endocrinologo, al fine di un corretto iter diagnostico-terapeutico.
Endometriosi e dieta sono legati. La dieta, se ricca di cibi antinfiammatori e disintossicanti, può essere di aiuto e contribuire a ridurre i dolori e l’infiammazione. Le raccomandazioni della Fondazione Italiana Endometriosi.
L’endometriosi
L’endometriosi è la presenza all’esterno dell’utero di endometrio, ovvero la mucosa che normalmente riveste esclusivamente la cavità uterina. Può interessare la donna già alla prima mestruazione (menarca) e accompagnarla fino alla menopausa.
L’endometriosi colpisce il 10-15% delle donne italiane in età riproduttiva. Inoltre, interessa circa il 30-50% delle donne infertili o che hanno difficoltà di concepimento.
L’endometriosi è una malattia invalidante, che provoca dolore mestruale, dolore durante i rapporti sessuali, dolore alla minzione e alla defecazione, a volte accompagnato dalla comparsa di sangue nelle urine o nelle feci. Il dolore può essere cronico e persistente, ma generalmente i sintomi si aggravano durante il periodo mestruale.
Attualmente, non ci sono terapie farmacologiche mirate per questa patologia.
Endometriosi: un aiuto dalla dieta
La dieta può essere d’aiuto per chi soffre di endometriosi. Infatti, un regime alimentare basato su cibi antinfiammatori, disintossicanti e liberi da ormoni può essere di supporto per attenuare i dolori e l’infiammazione.
In una recente intervista, la biologa nutrizionista Maria Cassano della Fondazione Italiana Endometriosi ha spiegato che “Nel caso dell’endometriosi è possibile parlare di “cibo terapeutico”. Seguendo alcune specifiche raccomandazioni nutrizionali, l’organismo potrà infatti godere di benefici. Da preferire è innanzitutto una dieta contenente sostanze antinfiammatorie e antiossidanti, come curcuma e zenzero. Un eccesso di grassi saturi e zuccheri potrebbe innescare una cascata di reazioni in grado di stimolare l’attivazione dei mediatori dell’infiammazione. Mentre un’adeguata distribuzione dei carboidrati nella dieta permette di mantenere la secrezione di insulina all’interno di range favorenti l’equilibrio ormonale. Bisogna porre grande attenzione anche alla presenza di disregolatori endocrini, nascosti all’interno di scatolame, plastica e pesticidi. Essi interferiscono sulla produzione degli estrogeni”.
La dieta per le donne con endometriosi
Riportiamo i consigli alimentari della Fondazione Italiana Endometriosi.
Cosa aumentare
Aumentare il consumo di fibre, fino al 20-30% nei pasti. Questo determina una riduzione degli estrogeni nel sangue con minore impatto sui tessuti estrogeno-dipendenti. Sì, quindi, a frutta, verdura, cereali integrali, legumi e semi oleosi
Aumentare il consumo di acidi grassi e Omega3. Questo promuove la produzione della prostaglandina PGE1, che riduce il livello di infiammazione addominale determinato dalla endometriosi. Sì, quindi, a pesce azzurro, salmone e tonno; olio di oliva, frutta secca, avocado e semi (chia, di girasole, di zucca. e di lino)
Cosa ridurre
La carne rossa (preferire la carne bianca, di origine e allevamento controllato),
i latticini, per la presenza di caseina e lattosio
il glutine, da assumere possibilmente solo da farine integrali e grezze
Il sanguinamento uterino anomalo è un problema comune nelle donne in età riproduttiva. Sebbene possa spaventare, di solito può essere corretto con farmaci o con un intervento chirurgico.
La mestruazione è considerata normale quando l’emorragia uterina si verifica ogni 21-35 giorni e non è eccessiva. La durata normale del sanguinamento mestruale è compresa tra due e sette giorni. Un’emorragia uterina anomala si verifica quando la frequenza o la quantità di emorragia uterina differisce da quella sopra menzionata o quando la donna ha spotting o un’emorragia tra un periodo mestruale e l’altro. Un’emorragia uterina anomala può essere causata da una varietà di fattori. Le due cause più comuni sono le anomalie strutturali del sistema riproduttivo e i disturbi dell’ovulazione.
Ci soffermeremo sulle donne in età fertile. Per quanto riguarda invece quelle in postmenopausa, il sanguinamento uterino anomalo ha origini diverse rispetto a quanto accade in età riproduttiva: il consiglio è quello di rivolgersi tempestivamente a un medico.
Cause di emorragia uterina anomala
Un’anomala emorragia uterina può essere dovuta ad anomalie strutturali dell’utero. Alcune delle cause strutturali più comuni di sanguinamento uterino anomale includono lesioni benigne (non cancerose) dell’utero come:
polipi,
fibromi (miomi),
adenomiosi (ispessimento uterino causato da tessuto endometriale che si muove verso le pareti esterne dell’utero).
Altre cause di emorragia uterina anomala includono il sanguinamento associato alla gravidanza precoce, tra cui aborto spontaneo e gravidanza ectopica, così come i disturbi emorragici che influenzano la capacità del sangue di coagulare normalmente.
Altre possibili causa sono:
lesioni del collo dell’utero o della vagina (benigne o cancerose),
le infezioni croniche del rivestimento endometriale (endometrite),
il tessuto cicatriziale (aderenze) nell’endometrio
l’uso di un dispositivo intrauterino (IUD)
farmaci che possono influenzare il normale rilascio di estrogeni e progesterone
problemi medici cronici come il diabete mellito o disturbi del fegato, reni, tiroide o ghiandole surrenali
altri problemi medici che possono influenzare la produzione e il metabolismo di estrogeni e progesterone.
Lo stress emotivo o fisico, così come cambiamenti significativi nel peso corporeo, infine, possono disturbare il rilascio dell’ipofisi di FSH e LH e prevenire l’ovulazione.
Le terapie per il sanguinamento uterino anomalo
Qualunque sia la causa di sanguinamento uterino anomalo, i molti trattamenti oggi disponibili di solito possono risolvere il problema. Le cause strutturali di emorragia possono essere corrette con un intervento chirurgico. Se non ci sono cause strutturali, la terapia medica spesso può ripristinare cicli mestruali regolari.
I pazienti dovrebbero parlare con i loro medici per valutare quali opzioni, mediche o chirurgiche, possano essere le migliori per loro.
Marzo è il mese dell’endometriosi, una patologia cronica invalidante che si associa a varie complicanze, tra cui l’infertilità
In tutto il mondo marzo è il mese dedicato all’endometriosi, che quest’anno è culminato con la “Giornata Mondiale dell’endometriosi” – tenutasi sabato 24 marzo -, ossia l’evento clou istituito ad hoc per sensibilizzare le persone su questa malattia.
L’endometriosi è una malattia cronica dolorosa e complessa che colpisce il tessuto che costituisce la parte interna (cavità) dell’utero, chiamato endometrio, da cui il nome “endometriosi”. La malattia origina quando il tessuto endometrio è presente anche al di fuori dell’utero dove non dovrebbe esserci, ad esempio nell’addome, nelle ovaie e nelle tube ovariche. Essendo un tessuto tipico dell’utero e quindi sensibile agli ormoni femminili, l’endometrio “ectopico” (cioè presente altrove al di fuori dell’utero) continua a reagire e a rispondere alle variazioni ormonali che si verificano ad ogni ciclo mestruale, ispessendosi. Ciò provoca rigonfiamento degli organi in cui si trova, con emorragia interna, rottura dei tessuti e infiammazione degli organi colpiti e comparsa di forti dolori, problemi intestinali e di aderenze e, nel 30-40% delle pazienti, problemi d’infertilità.
L’endometriosi è tutt’altro che una patologia poco frequente: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il 10-15% delle donne in età fertile soffre di endometriosi. Solo in Italia i casi di endometriosi sono 3 milioni, generalmente appartenenti alla fascia d’età tra i 25 e i 35 anni; purtroppo la malattia viene diagnosticata con ernome ritardo, mediamente dopo 7 anni.
Oltre al rilevante impatto epidemiologico, l’endometriosi è anche una malattia invalidante sotto il profilo della qualità di vita, con risvolti negativi a livello sociale, relazionale e lavorativo: la malattia causa difatti ansia, discriminazione, paura, giornate di malattia e rischio di perdere il posto di lavoro; problematiche, quindi, di estrema attualità e importanza.
Ma la conseguenza sicuramente più grave e invalidante per la donna stessa e per le coppie è che l’endometriosi porta ad infertilità. Nelle donne affette da endometriosi il tasso di gravidanza è difatti inferiore al 2% per ciclo mestruale, contro un valore del 20% in condizioni normali, con una riduzione quindi della possibilità di avere figli di 10 volte.
L’infertilità diventa quindi un aspetto fondamentale di cui il medico deve tener conto e che deve affrontare nel momento in cui si appresta alla diagnosi e alla cura dell’endometriosi; dal canto suo, questa patologia condiziona poi l’approccio diagnostico e terapeutico per la cura dell’infertilità per le coppie che decidono di rivolgersi alla fecondazione assistita. La medicina riproduttiva è difatti un’opportunità terapeutica da intraprendere grazie agli elevati tassi di successo che caratterizzano questa tecnica.
Negli ultimi anni sono stati compiuti numerosi passi in avanti sul fronte terapeutico-assistenziale ma anche istituzionale dell’endometriosi: nel 2016 la malattia è stata inserita dal Governo Italiano nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti; infine, da marzo 2017 sono entrati in vigore i nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) previsti per gli stadi clinici di endometriosi moderata e grave.
Sappiamo quanto l’endometriosi sia tra le principali malattie femminili che causano infertilità. Circa il 30-40% delle donne affette da questa patologia è sterile e spesso arriva alla diagnosi definitiva quando cerca di rimanere incinta. Per dare alcuni dati sulla situazione italiana e le prospettive di cura, il numero di diagnosi supera i 3 milioni e l’intervallo di tempo medio che intercorre dalla prima comparsa dei sintomi all’attestazione clinica della malattia, supera i 10 anni.
Altamente sottovalutato dal pubblico femminile, il problema di salute ha un grado di diffusione sempre maggiore per via di un atteggiamento che deriva dalla sottovalutazione, da parte delle donne, del danno che deriva dall’avere uno stile di vita altamente stressante o dall’essere esposte a numerosi inquinanti (forte è la correlazione con il Bisfenolo A, presente in molte materie plastiche), al fumo e alle radiazioni.
I controlli preventivi per la salute di una donna sono portati avanti, in media, dopo i 40 anni e comprendono lo screening al collo dell’utero, la mammografia per il tumore al seno, il pap test. Tenendo presente l’età d’incidenza più bassa del disturbo in questione i suddetti screening dovrebbero essere anticipati nelle donne di età inferiore poiché hanno un carico ormonale maggiore rispetto a quelle adulte, condizione che le pone più a rischio di essere colpite dalla malattia.
Partendo dalle considerazioni fatte sta prendendo corpo una forte esigenza d’informazione volta a farne conoscere cause e risvolti al pubblico, ma anche a livello della comunità medica affinché il confronto sulle terapie e gli approcci chirurgici rimanga alto. A questo proposito ci teniamo a segnalare due esempi, uno per categoria, che riteniamo importanti.
Il primo è la riprogrammazione in televisione di uno spot sull’endometriosi che vede come testimonial Nancy Brilli. Realizzato nel 2011 per volontà della Fondazione Italiana Endometriosi (FIE), dimostra il notevole impegno dell’associazione facendo parte di un percorso di sensibilizzazione presente sul sito web del Ministero della Salute.
La campagna citata si inserisce in un impegno da parte della FIE molto più ampio che va dal sostegno alla ricerca scientifica verso nuovi percorsi di prevenzione, diagnosi e cura della patologia. Insieme all’ ONLUS a essa assimilata, l’Associazione Italiana Endometriosi (AIE), ha dato vita a due importanti realtà:
ilCentro Italiano di Endometriosi dove si procede alla diagnosi approfondita delle patologie ginecologiche, al trattamento del dolore pelvico e alla ricerca traslazionale che riguarda l’endometriosi (da applicarsi a livello del Centro di Fecondazione),
il Centro di Fecondazione che si occupa in modo specifico di ripristinare la fertilità e di elaborare nuovi protocolli di fecondazione assistita dedicati alle pazienti con endometriosi (Procreazione Naturalmente Assistita o PNA).
Il secondo, invece, è un esempio di evento (nella cui promozione e realizzazione è presente ancora una volta l’AIE) che ha visto la partecipazione delle migliori professionalità mediche del settore. Intitolato “Nuove proposte terapeutiche mediche e chirurgiche sul dolore nella donna”, è stato caratterizzato dalla presa di conoscenza di quanto sia cruciale approcciare la patologia come una malattia cronica e di complessa gestione. L’endometriosi è una malattia che, spesso, necessita di una attenzione bilanciata verso il versante fisico così come verso quello emotivo e psicologico.
All’incontro hanno partecipato specialisti, biologi, psicologi, paramedici e volontari dell’associazione ribadendo l’esigenza di predisporre un’equipe multidisciplinare di specialisti, capaci di individuare il distinguo tra l’aspetto biologico e quello psico-sociale della patologia. La parte di sofferenza nascosta che trova origine nella grande capacità di sopportazione della donna, risulta, però, sconosciuta ai più.
Non esistendo una vera e propria cura, è prioritario dare sollievo alle donne la cui realtà quotidiana è fatta di dolori spesso così forti da impedirle di svolgere le normali attività di studio, lavoro e relazioni sociali. Occasioni d’incontro e sostegno reciproco tra donne affette da endometriosi o eventi come quelli organizzati dall’AIE, risultano preziosi per la raccolta e diffusione di informazioni e la creazione di una comunità di persone in grado di diffonderle all’esterno.
Uno dei cambiamenti di prospettiva più positivi nell’approccio clinico è la volontà della medicina di orientarsi verso l’uso di meno chirurgia e l’impiego farmacologico d’integratori che arrivi a una cura sempre più personalizzata.
I principali accorgimenti in questo senso sono:
limitare l’uso di pillole anticoncezionali che rilasciano degli ormoni che spesso favoriscono patologie come l’endometriosi;
seguire una dieta specifica che aiuti la digestione e il buon funzionamento dell’intestino (l’aumento di fibre nella dieta determina una riduzione degli estrogeni circolanti nel sangue, con un minore impatto sui tessuti estrogeno dipendenti). Scegliere quindi tra le varianti come frumento o riso integrale, frutta e vegetali e legumi;
assumere alimenti ricchi in Omega 3 (tonno, pesce azzurro, olio di oliva, oli vegetali e noci) utili a ridurre il livello d’infiammazione addominale determinato dall’endometriosi;
ridurre l’apporto di latte e derivati che alimentano i processi infiammativi delle muscose gastro-intestinali, di caffeina e cioccolato, nonché di tutti i prodotti di soia (poiché contengono fito-estrogeni).