L’inositolo è una sostanza naturale appartenente alla famiglia delle vitamine del gruppo B, anche se tecnicamente non è una vitamina. È disponibile in molte forme, ma le più note sono il mio-inositolo e il D-chiro-inositolo. Questi composti giocano un ruolo cruciale in diverse funzioni cellulari e sembra che abbiano un impatto sulla fertilità sia nell’uomo sia nella donna.
Facciamo chiarezza con il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
L’inositolo
L’inositolo è un isomero appartenente al gruppo delle vitamine B, noto a molti ginecologi anche di quelli che non si occupano di infertilità grazie alle sue proprietà. Infatti, sembra che l’inositolo possa svolgere un’azione benefica sull’ovulazione, sulla formazione e sulla qualità degli ovociti e sulla qualità degli embrioni.
L’inositolo ha anche mostrato effetti positivi sulla fertilità maschile: può migliorare la qualità dello sperma, aumentando la motilità e la morfologia degli spermatozoi.
Gli inositoli più rilevanti per la salute umana sono il mio-inositolo e il D-chiro-inositolo.
I meccanismi di azione
Il mio-inositolo e il D-chiro-inositolo influenzano diversi percorsi biologici che possono migliorare la fertilità. Questi includono la modulazione dei recettori insulinici, che aiuta a migliorare l’uso del glucosio e ridurre l’insulino-resistenza. Inoltre, l’inositolo agisce come secondo messaggero per diversi ormoni e neurotrasmettitori, contribuendo così alla regolazione del ciclo mestruale e dell’ovulazione.
Nella donna, il mio-inositolo ripristina una ovulazione spontanea direttamente, con la riduzione dei livelli di insulina, quindi degli androgeni, stimolando la produzione dell’FSH.
Inositolo e Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS)
Una delle principali applicazioni dell’inositolo nella medicina riproduttiva riguarda il trattamento della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), una delle cause più comuni di infertilità nelle donne.
La PCOS è spesso caratterizzata da insulino-resistenza, iperandrogenismo e disfunzioni ovulatorie. Studi clinici hanno dimostrato che l’inositolo, specialmente in combinazione con l’acido folico, può migliorare la sensibilità all’insulina, ridurre i livelli di androgeni e ristabilire l’ovulazione regolare nelle donne affette da PCOS.
Benefici dell’inositolo nella fertilità maschile
L’inositolo ha anche mostrato effetti positivi sulla fertilità maschile. L’utilizzo del mio- o del D-chiro-inositolo nell’uomo crea essenzialmente un rimodellamento dei dosaggi di FSH che, come sappiamo, sono responsabili della spermatogenesi. È soprattutto è un agente antiossidante, per cui migliora complessivamente l’ambiente spermatico, determinando un miglioramento del numero, motilità e morfologia degli spermatozoi.
Le fonti alimentari di inositolo
L’inositolo è presente in vari alimenti di origine sia vegetale sia animale. Alcune delle fonti alimentari più ricche di inositolo sono:
Frutta: melone, arance, kiwi
Verdure: cavoli, carote e piselli
Cereali integrali: riso integrale, avena e grani intero (specialmente nella parte esterna, la crusca)
Noci e semi: noci, mandorle, semi di girasole
Legumi: piselli, fagioli, lenticchie
Per chi ha bisogno di una quantità di inositolo superiore al normale, specialmente in contesti terapeutici come il trattamento della PCOS o il miglioramento della qualità dello sperma, gli integratori possono essere una soluzione efficace. Come per tutti gli integratori, è sempre consigliabile consultare un medico prima di iniziare qualsiasi trattamento.
Sono molte le cattive abitudini che riducono la fertilità e non sempre le coppie ne sono consapevoli.
L’anamnesi completa di una coppia che decide di intraprendere un percorso di procreazione medicalmente assistita non può prescindere dalla conoscenza delle abitudini e del cosiddetto stile di vita dei partner.
Ne parliamo con il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
Il peso del… peso
Una prima valutazione importante da fare sulle coppie che hanno problemi di fertilità riguarda il peso e le abitudini alimentari. Spesso si sottovaluta l’impatto che il sovrappeso può avere sulla fertilità, sia nell’uomo sia nella donna. Nella donna, un eccessivo aumento di peso crea difficoltà a livello ovarico, di ovulazione, per l’aumento degli ormoni androgeni, e una minore qualità ovocitaria. Nell’uomo, l’aumento di peso determina un aumento degli estrogeni, quindi un problema a livello di testosterone e di spermatogenesi.
No al fumo sempre, non solo in gravidanza
Il fumo, sia nell’uomo che nella donna, può portare a conseguenze davvero importanti sulla fertilità.
Si pensa che per la donna sia sufficiente sospendere il fumo soltanto quando inizia una gravidanza. In realtà, da numerosi studi clinici condotti su pazienti fumatrici per valutare la flussimetria dell’arteria uterina emerge che il fumo determina una riduzione sensibile del flusso sanguigno. Di conseguenza, anche le chance di gravidanza si riducono e aumenta il rischio di aborto. Inoltre, i bambini nati da donne fumatrici, hanno placente piccole e hanno un aumentato rischio di allergie.
Negli uomini la motilità degli spermatozoi si riduce a causa del fumo, a causa dell’aumento dei fattori tossici che contiene.
L’uso di anabolizzanti
L’uso del testosterone, molto spesso utilizzato soprattutto dagli uomini a scopo puramente anabolizzante, può avere effetti collaterali seri sulla fertilità. Si verifica un’azione di feedback negativo a livello dell’ipotalamo ipofisario con riduzione dell’FSH che porta ad azoospermia e calo del testosterone endogeno. Questi pazienti hanno un aumento della massa muscolare a discapito invece della massa testicolare: in genere presentano azoospermia con una ipotrofia testicolare molto importante.
L’uso di droghe
Non meno importante è l’impatto che l’uso di droghe ha sulla fertilità. La Marijuana, utilizzata regolarmente da moltissime persone, determina nell’uomo una diminuzione della conta spermatica e della motilità degli spermatozoi. La cocaina ha un’azione negativa soprattutto a livello spermatico e riduce le capacità dell’embrione di impiantarsi.
Altri fattori
Altri fattori, non voluttuari, possono avere conseguenze negative sulla fertilità.
Ad esempio, uno sport come il ciclismo comporta una stimolazione importante a livello della prostata e può determinare una anomala produzione di spermatozoi legata a una anomala produzione di sostanze “accessorie” (come il fruttosio) ma importanti per la mobilità spermatica.
Anche alcune infezioni hanno un impatto diretto sulla fertilità. Ad esempio, l’HPV, o una disbiosi vaginale, che possono predisporre l’ambiente vaginale a infezioni ricorrenti anche gravi.
I fattori che possono determinare una difficoltà di concepimento anche temporanea sono numerosi. Un’anamnesi approfondita con i partner aiuta ad identificare tutti i fattori potenzialmente in gioco, per trovare un rimedio più opportuno.
La terapia ormonale sostitutiva (TOS) è un trattamento medico utilizzato essenzialmente per alleviare i sintomi della menopausa nelle donne.
La menopausa è una fase naturale della vita di una donna in cui cessa la produzione di estrogeni e progesterone da parte delle ovaie, portando a sintomi come vampate di calore, sudorazioni notturne, secchezza vaginale, alterazioni dell’umore e problemi di sonno.
La TOS può includere estrogeni, progesterone o una combinazione di entrambi, e può essere somministrata attraverso diverse vie, come compresse, cerotti, gel, creme o dispositivi intrauterini.
Ne parliamo con il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
La terapia ormonale sostitutiva nella donna in menopausa o premenopausa è un argomento molto sottovalutato in Italia. Considerando, invece, l’allungamento della vita e l’importanza del benessere sessuale per la qualità di vita complessiva delle persone, dovrebbe essere affrontato e proposto alle donne.
Infatti, disponiamo di molte terapie differenti, con alti profili di efficacia e sicurezza, generalmente non danno complicanze e, d’altro lato, migliorano la qualità della vita in modo determinante.
Quando è indicata
Quando si presenta una coppia che riferisce di avere un calo della libido, una ipercolesterolemia, di avere problemi col partner, si eseguono degli accertamenti adeguati a livello di epatico, coagulativo, mammario e carotideo.
In una donna che non presenta patologie particolari si propone la terapia ormonale sostitutiva, che può essere di diverso tipo:
La prima, quella più naturale, consiste nei derivati della soia. Si è visto che le donne cinesi presentano sintomi della menopausa, quindi vampate, secchezza vaginale ecc, molto lievi proprio perché la loro alimentazione è ricca di soia
Esistono creme vaginali idratanti o a base di estradiolo, che migliorano l’idratazione a livello vaginale. Queste sono terapie molto blande, ma in alcuni casi possono dare dei benefici
Un’altra terapia è una un prodotto derivato dal polline, che può avere un’azione FSH-simile e che può essere assunto dalle pazienti che non vogliono utilizzare ormoni.
Si può eventualmente utilizzare un prodotto a base di tibolone che ha un’azione estrogeno- simile e che può essere assunto anche per lunghi periodi
Quale menopausa?
Ovviamente, a monte bisogna distinguere tra menopausa chirurgica e menopausa spontanea.
Se la menopausa è chirurgica e viene tolto l’utero, ovviamente non è necessario dare estrogeno e progesterone. Infatti, sappiamo che la somministrazione di estrogeno e progesterone come terapia sostitutiva permette di evitare un’iperplasia endometriale. Quindi, se la donna in menopausa ha le ovaie esaurite e non ha l’utero può proseguire la sommazione di estrogeni (per via transcutanea o per via orale), estradiolo valerato, che è il prodotto più naturale (cerotti, quindi per via transdermica).
Invece nella menopausa spontanea si deve evitare un’iperplasia endometriale. Alle pazienti che hanno conservato l’utero può essere data una terapia con estrogeni e diversi tipi di progesterone: dienogest, drospirenone, che ha un’azione anche diuretica e può essere dato anche per lunghi periodi.
Terapia ormonale sostitutiva: fino a quando?
Se ci sono le condizioni, la terapia ormonale sostitutiva può essere assunta fino a 60 anni. Ovviamente bisogna fare dei controlli periodici ogni anno (il Pap-test, la mammografia, la funzionalità del fegato eccetera.
Quando si prolunga la terapia fino a 65 anni si preferisce utilizzare estradiolo valerato, un estrogeno naturale, e progesterone micronizzato, che può essere dato o per via orale o per o per via vaginale.
La terapia sequenziale prevede l’assunzione di estrogeni per un certo numero di giorni a cui si aggiunge il progesterone per 10-12 giorni.
Se la donna preferisce non avere più il ciclo si fa una terapia in continuo.
I benefici della terapia ormonale sostitutiva
I benefici della terapia ormonale sostitutiva sono innumerevoli dal punto di vista del benessere sessuale, della libido, si riduce il colesterolo, si riducono i problemi cardiaci e soprattutto si allunga la vita sessuale della coppia.
Quando una coppia si rivolge a un centro di Procreazione Medicalmente Assistita, viene sottoposta ad una prima fase di anamnesi per chiarire il quadro clinico complessivo dei due partner. È, questo, il primo passo per indagare quali siano le cause di infertilità maschile o femminile.
A prescindere dagli esami effettuati fino a quel momento, quindi, è necessario svolgere delle visite e degli esami strumentali seguendo dei criteri specifici. Questo perché tutti gli aspetti indagati devono essere visti e valutati dal punto di vista degli specialisti di medicina della riproduzione.
Ce ne parla il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
La valutazione ginecologica
Spesso capita di ricevere pazienti che fanno periodicamente controlli ginecologici, dai quali emerge che non ci sono problemi di infertilità. Talvolta, però, non è proprio così, perché non sempre vengono considerati alcuni parametri che sono essenziali in medicina della riproduzione, primo fra tutti l’età.
Sappiamo, infatti, che nella donna dopo i 37-38 anni il calo della fertilità è drastico, perciò il fattore anagrafico è fondamentale. Quindi è necessario valutare la riserva ovarica, con un dosaggio ormonale eseguito correttamente, in un laboratorio certificato, entro il terzo giorno del ciclo.
I parametri da valutare
La riserva ovarica
I valori dell’FSH (Follicular Stimulating Hormone, ormone follicolo-stimolante) e dell’estradiolo danno già un riferimento importante per valutare la riserva ovarica. Devono essere, rispettivamente, non superiore a 8 e non superiore a 40. Inoltre, l’LH (Luteinizing Hormone, ormone luteinizzante) non dev’essere inferiore a 2.
Ciclo mestruale e ovulazione
Un altro elemento importante da valutare è il ciclo mestruale. Spesso e non si tiene conto, ad esempio, della durata ma è utile considerarne la durata, se e come si è modificato nel tempo: se si è accorciato, raggiungendo una frequenza di 24-26 giorni, è già un segno di un’insufficienza ovarica importante. Inoltre, va chiesto alla paziente se ha la percezione dell’ovulazione (con muco a metà ciclo), se ha avuto gravidanze o aborti e infezioni ricorrenti. Le infezioni da HPV spesso portano salpingite, quindi un ostacolo alla fertilità.
Il dolore
Anche il dolore è un parametro importante: va chiesto alla paziente, ad esempio, se è presente durante i rapporti sessuali e quanto è intenso durante la mestruazione, perché può essere un segno di endometriosi o di alterazione tubarica.
Un altro elemento da valutare è relativo a precedenti interventi chirurgici: appendici complicate, ernie, perdite ricorrenti. Tutto questo fa parte di un’anamnesi corretta di coppia, in particolare per una donna, che si avvicina alla procreazione assistita e vuole avere un’indicazione corretta sul tipo di tecnica da effettuare.
L’ecografia
Molto importante è anche l’ecografia, da fare entro il secondo-terzo giorno del ciclo. L’ecografia, oltre a consentire l‘identificazione di eventuali anomalie, ad esempio polipi o gliomi, permette di valutare la conta dei follicoli antrali, cioè follicoli che hanno una taglia tra i 4 e 6 mm. Se i follicoli antrali sono meno di 5-6 per lato, questo ci dà una indicazione della riserva ovarica e delle chance di gravidanza futura.
In coppia verso la tecnica di PMA più efficace
La valutazione di tutti gli aspetti che abbiamo citato consente allo specialista di medicina della riproduzione di indirizzare velocemente la coppia verso la tecnica migliore: di primo livello, ad esempio i rapporti pilotati, se siamo certi assolutamente che non ci siano problemi tubarici, oppure verso una tecnica più complessa. Questo non perché si possa garantire la gravidanza, ma per avere una percezione diretta della qualità ovocitaria, della percentuale di fertilizzazione e quindi si possano dare alla coppia delle chance certe in termini di percentuali di gravidanza.
Quando una coppia si rivolge a un centro di Procreazione Medicalmente Assistita deve sottoporsi a un’accurata anamnesi per indagare quali siano le cause di infertilità. Tali cause possono essere sia maschili sia femminili e, per identificarle, è necessario svolgere delle visite e degli esami strumentali seguendo dei criteri specifici.
Questo perché tutti gli aspetti indagati devono essere visti e valutati dal punto di vista degli specialisti di medicina della riproduzione.
Ce ne parla il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
Le domande da fare al paziente
Le domande chiave che devono essere fatte al paziente uomo che ha problemi di infertilità sono essenzialmente parte di una corretta anamnesi.
Chiedere se i testicoli sono scesi regolarmente e se ha problemi di taglia testicolare, se ha subito interventi chirurgici. Può essere utile controllare i testicoli con un esame obiettivo e verificare se i dotti deferenti sono palpabili;
Chiedere se ha nicturia, cioè se si alza durante la notte per svuotare la vescica. Questo aspetto in genere è un segno negativo, per quanto potrebbe indicare un problema di ipertrofia prostatica;
Indagare che tipo di lavoro svolge: se sta per molte ore al caldo o al freddo, se lavora a contatto con vernici o idrocarburi, tutti fattori che possono influire sulla produzione di spermatozoi;
Benessere sessuale e stile di vita
Anche il benessere sessuale complessivo è importante: la frequenza dei rapporti, la presenza o meno di un’erezione mattutina, se a libido è conservata, se ha concepito in precedenza.
In fase di anamnesi si valuta anche la presenza di abitudini “tossiche”: se il paziente è fumatore, se fa uso di droghe, se assume terapie che possono avere un impatto sulla fertilità. Ad esempio, i sedativi e i gastroprotettori possono determinare un aumento della prolattina che, a sua volta, può influenzare la produzione dell’FSH e quindi la spermatogenesi;
Valutare il liquido seminale: lo spermiogramma
Un altro elemento importante da valutare è il liquido seminale, che deve essere correttamente studiato attraverso lo spermiogramma. È molto importante far riferimento a un laboratorio certificato, che segua le linee guida corrette. Alcuni laboratori forniscono valutazioni che non tengono conto dei valori di riferimento internazionali, o dei giorni di astinenza, che sono fattori importanti da considerare.
Anche per valutare la morfologia è fondamentale rivolgersi a laboratori certificati, in modo da poter valutare correttamente morfologia e motilità degli spermatozoi.
Un altro dato importante è il dosaggio degli ormoni: se i valori dell’FSH sono molto alti possono essere un segno predittore di infertilità.
Non da ultimo, vanno valutati i segni indiretti di infezione, la presenza di cellule rotonde, di viscosità, di morfologie alterate soprattutto della testa degli spermatozoi: tutti elementi che, indirettamente, possono indicare infertilità per anomalie del DNA spermatico.
Verso la tecnica migliore
Con un approccio completo come quello descritto si potranno avere tutti gli elementi necessari per poter fare una diagnosi completa, in modo da definire un piano di PMA che sia il più possibile personalizzato per il paziente e per la coppia, per poter intraprendere una tecnica più semplice o più complessa.
Durante la stimolazione ovarica per tecniche di PMA di I e II livello è ormai raro che si verifichi una situazione di iperstimolazione. Quali sono le nuove strategie per le pazienti poor responder?
Ne parliamo con il Dr. Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
Raramente le pazienti che si rivolgono ai centri di PMA sono giovani e solo occasionalmente c’è rischio di iperstimolazione nelle pazienti in cui c’è una tendenza a un’inversione delle FSH-LH.
Purtroppo, il fatto che spesso le donne si presentano in età avanzata, dopo i 37 anni, comporta di dover gestire situazioni con AMH basso, bassa conta dei follicoli antrali, ripetuti fallimenti. Sempre di più si sta cercando di trovare dei protocolli alternativi per poter ovviare a queste scarse risposte.
Doppia stimolazione in due cicli successivi
Anche per mia esperienza clinica una doppia stimolazione in due cicli successivi può portare a un aumento ovocitario soprattutto nel secondo ciclo. Sappiamo che agli ovociti servono 2 – 3 mesi per essere sensibili all’azione dell’FSH nel ciclo successivo e possono avere più chance di arrivare a maturazione. Infatti, quando nel primo ciclo e stimolazione recuperiamo solo 1 – 2 ovociti, nel ciclo successivo abbiamo dei recuperi sicuramente più importanti.
Doppia stimolazione e congelamento
Una seconda alternativa è la doppia stimolazione, per cui le pazienti vengono stimolate con alte dosi di gonadotropine. Dopo aver indotto l’ovulazione con l’analogo del GNRH sfruttando l’effetto flare-up, 2-3 giorni dopo viene iniziata la stimolazione. Seguono due pickup ovocitari nell’arco di uno stesso ciclo: l’obiettivo è di congelare tutto, perché il l’endometrio non è più sincronizzato.
FSH sincronizzato
Può essere utile anche l’utilizzo di clomifene associato alle gonadotropine. È un protocollo che utilizzo molto spesso che ho denominato FSH sincronizzato, perché ha l’obiettivo di sincronizzare la crescita follicolare. Spesso, infatti, le pazienti poor responder in cui viene iniziata la stimolazione dal 2° – 3° giorno del ciclo hanno un’ovulazione prematura in 7° – 8° giornata e un’ecografia in 2° giornata mostrerà almeno un follicolo a 10-11 mm. Quindi, nel momento in cui si inizia la stimolazione ovarica ci sarà un follicolo pronto già dopo 3 – 4 giorni e gli altri che arrancheranno. Quindi si utilizza o una pillola anticoncezionale nel ciclo precedente o dell’estradiolo valerato a partire dal giorno 2 – 3 fino al primo giorno del ciclo successivo, con l’obiettivo di limitare e abbassare i livelli di FSH nella fase premestruale cercando di sincronizzare il più possibile la crescita follicolare. Questo ci porta a un’armonizzazione della crescita follicolare e a una risposta più adeguata.
I protocolli sperimentali
Vi sono anche protocolli sperimentali che non hanno percentuali di successo dimostrabili. Ad esempio, l’utilizzo del DEA, il deidroepiandrosterone solfato che, essendo un androgeno, pare riattivi una percentuale di ovociti nascosti. Oppure, può essere utile utilizzare del testosterone in gel 5 microgrammi per due mesi prima dell’inizio della stimolazione. Si mira ad aumentare gli androgeni che poi possono essere convertiti in estrogeni per aumentare la sensibilità dei follicoli antrali alle molecole di FSH.
Infine, l’utilizzo di una stimolazione che possa partire con l’utilizzo di LH nella prima settimana di stimolazione e poi il passaggio all’aggiunta di FSH ricombinante o menotropina nella seconda fase, anche l’utilizzo di interleuchine e possono per durante la stimolazione pare possano avere un’azione favorevole.
Si tratta di protocolli non ancora consolidati perciò non danno alcuna certezza. In ogni caso, la presenza di così tante variabili difficilmente ci fa dire qual è la strada giusta per ottimizzare una stimolazione.
Non sempre il liquido seminale disponibile è sufficiente per una procedura di PMA. Quando il volume è insufficiente – inferiore a 1ml – o con un ph alterato questo porta alla azoospermia, ovvero l’assenza di spermatozoi.
Ce ne parla il Dr. Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
Azoospermia escretoria: PESA
L’azoospermia, l’assenza di spermatozoi, può essere escretoria o secretoria.
La azoospermia escretoria è essenzialmente legata a una mancanza di comunicazione tra il testicolo, l’epididimo, i vasi deferenti e il dotto eiaculatorio esterno. Questo è tipico della sindrome CBAD con assenza di spermatozoi, agenesia bilaterale dei vasi deferenti – che può anche essere monolaterale – e che in genere è associata anche ad assenza della coda dell’epididimo, assenza delle vescicole seminali, spesso anche alla presenza di parametri positivi per mutazioni (ad esempio per la fibrosi cistica, l’agenesia renale eccetera) quindi è una sindrome ehm in cui ci sono più situazioni, che può essere sospettata in primis con la presenza di scarso volume del liquido seminale e, ovviamente, assenza di spermatozoi.
La visita andrologica è molto importante: se la palpazione sopra il testicolo non rileva i vasi deferenti, è molto probabile che si rilevino le alterazioni sopra citate. Queste situazioni di scarso volume del liquido spermatico portano ad intervenire con un PESA.
La tecnica PESA prevede l’aspirazione del liquido seminale che in genere viene prodotto regolarmente dal testicolo e si accumula nella testa dell’epididimo. Quest’ultima, se il medico ha esperienza, può essere raggiunta anche per via percutanea.
In queste situazioni in cui il testicolo funziona, l’FSH dell’uomo è normale perché ci indica una produzione normale di spermatozoi.
Azoospermia secretoria: TESA o TESE
La azoospermia secretoria in genere è legata a una assenza o comunque a un danno importante della linea spermatogenetica e questo porta anche a un ipogonadismo ipogonadotropo, cioè a un aumento dei valori di FSH dell’uomo.
In questa situazione si deve intervenire con una TESA (testicular sperma aspiration) o con una TESE (testicular sperma extraction), cioè con una aspirazione a livello del didimo o addirittura a un prelievo bioptico. La speranza è di trovare rari spermatozoi, che ovviamente spesso sono malformati e non sempre danno origine ad embrioni.
Nella criptozoospermia i pazienti presentano un danno a uno o a entrambi i testicoli. Occasionalmente compaiono degli spermatozoi (con una conta di almeno 5-10mila).
Questa condizione porta di solito al congelamento degli spermatozoi, affinché si presentino nelle condizioni migliori il giorno del prelievo ovocitario.
Con il Dr. Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
Quando si procede a una stimolazione ovarica per tecniche di PMA, soprattutto di II livello, il primo obiettivo è quello di azzerare i livelli di progesterone. Quindi, quando noi diamo a partire dalla fase luteale gli analoghi del GNRH “short protocol” oppure “daily” prima di iniziare la stimolazione l’estradiolo e il progesterone devono essere bassi. Solo in seguito si può iniziare la stimolazione.
Il monitoraggio dell’estradiolo, prodotto dalle cellule della granulosa, serve per controllare la crescita regolare dei follicoli. Spesso accade che a un certo punto della stimolazione – al 7°- 8° giorno – il progesterone, che deve mantenersi al di sotto di 1,4 nanogrammi per ml invece tende a salire. Questo si verifica soprattutto quando si interviene con stimolazioni molto importanti.
La risalita del progesterone
La risalita del progesterone al di sopra di 1,4 nanogrammi per ml porta a delle strategie che servono a ridurre questi livelli. L’obiettivo è evitare una precoce luteinizzazione e una precoce trasformazione secretiva dell’endometrio, che creerebbero dei problemi di impianto. In questo caso l’obiettivo è di ridurre la dose di gonadotropine praticate e questo in genere porta a un abbassamento dei livelli del progesterone. Spesso è un problema di laboratorio: come accade per lo spermiogramma, anche in questo caso la scelta di un laboratorio specializzato è fondamentale.
Ovviamente si cerca di evitare la situazione, perciò molto spesso sui pazienti che hanno la tendenza alla risalita prematura del progesterone si può intervenire in altri modi. Ad esempio, il secondo – terzo giorno del ciclo prima di iniziare la stimolazione per evitare la presenza di un corpo luteo del ciclo precedente si può intervenire dando per 2-3 giorni analoghi antagonisti del GNRH. Questo determina una luteolisi del corpo luteo del ciclo precedente, il che porta a un calo del progesterone. Oppure, in alcuni casi si utilizza la menotropina.
Sembrerebbe, anche per mia esperienza clinica, che quando si utilizzano le menotropine al posto dell’FSH ricombinante, durante la stimolazione ci sarà una minore percentuale di pazienti con risalita del progesterone in fase finale di stimolazione.
Il Freezing-all
Nel caso in cui questa situazione non possa essere risolta si procede al “freezing all”.
Dopo la stimolazione si effettua normalmente il prelievo ovocitario, seguito dal congelamento delle blastocisti ottenute. A seguire si procede con il trasferimento, che avverrà in un ciclo naturale successivo in cui non sia necessaria una stimolazione ovarica.
Quello verso l’ovodonazione è un percorso psicologicamente impegnativo e la relazione con la coppia va gestita in modo accurato, a partire dalla selezione, che deve considerare non solo gli aspetti uterini ma anche lo stato di salute generale.
Ce ne parla il Dr. Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
L’ovodonazione è la situazione a cui si arriva allorché la coppia insomma ha già esaurito i tentativi di procreare con i propri ovociti. Questo può accadere:
per un esaurimento ovarico, precoce o tardivo
per ripetuti fallimenti delle tecniche
per stimolazioni molto importanti con recupero di pochissimi ovociti
per arresto del clivaggio o arresto della divisione cellulare
In tutti questi casi spesso si arriva a non poter effettuare il transfer e comunque a non ottenere una gravidanza.
La Terapia
Anche in vista dell’ovodonazione è prevista una terapia.
Molto spesso vi sono pazienti con uteri fibromatosi, ma vanno valutate, ad esempio, anche eventuali anomalie epatiche, o a livello carotideo, ed escludere che vi siano patologie a livello mammario. Questo perché le terapie portano all’utilizzo di alte dosi di estrogeni. I protocolli per programmare cicli di ovodonazione consistono essenzialmente in cicli spontanei in cui si sfrutta l’ovulazione della paziente e l’induzione, appunto, dell’ovulazione. Questo per far sì che tutto sia il più naturale possibile.
In alcuni casi si procede con una fase di trattamento con estroprogestinico o con analoghi del GnRH (Gonadotropin Releasing Hormone, ormone di rilascio delle gonadotropine) che servirà ad azzerare completamente la funzione ovarica. A questa fase segue l’utilizzo di estrogeni, che possono essere somministrati per via orale, per via transdermica in formulazione gel. Nella mia esperienza l’estradiolo valerato, che generalmente viene prescritto in compresse, quando viene somministrato per via vaginale ha un’azione e degli spesso endometriale molto importante
L’obiettivo è quello di arrivare ad avere uno spessore endometriale di almeno di 8-9 mm per poter avere delle chance importanti di gravidanza. È importante somministrare il progesterone per un certo numero di giorni, che devono corrispondere allo stato del trasferimento della l’eventuale blastocisti.
Criteri di esclusione
I criteri di esclusione sono essenzialmente legati a un mancato ispessimento dell’endometrio, cosa che avviene quando l’endometrio si arresta a meno di 7 mm. A quel punto si cerca di ovviare a dei protocolli di stimolazione piuttosto empirici che consistono o nella somministrazione di gonadotropina corionica dal 7° al 14° giorno, vi sono degli studi in corso.
In caso non si vada mai oltre i 7 mm, è riportato in letteratura che vi siano delle gravidanze con endometrio anche di 5 – 6 – 7 mm.