Quali sono le tecniche utilizzate per la procreazione assistita: intervista al prof. Schimberni della Clinica BioRoma

Quali sono le tecniche utilizzate per la procreazione assistita? Esistono tecniche di primo, secondo e terzo livello.

Le tecniche di primo livello per la procreazione assistita sono le più semplici, sono quelle che utilizzano delle metodiche per poter selezionare gli spermatozoi migliori e concentrarli in una piccola quantità di liquido di terreno coltura possibile per poi poterli mandare nell’apparato genitale femminile, più precisamente nell’utero il più possibile vicino alle tube per aumentare al massimo le possibilità di incontro dei due gameti cioè dell’ovocita e dello spermatozoo. Questo può essere fatto sia con la stimolazione delle ovaie oppure semplicemente sul ciclo naturale fisiologico della donna.

Il secondo livello è quello che utilizza la fecondazione in vitro. La FIVET come normalmente viene sintetizzata sia dai medici che dalle pazienti. Significa fare una stimolazione delle ovaie in modo da ottenere una maggiore quantità di follicoli e quindi di ovociti rispetto a quello che normalmente la donna fa nel suo ciclo spontaneo. Ovviamente questa stimolazione deve essere assolutamente controllata con cura onde evitare eccessi che possono essere pericolosi, oppure evitare cure inutili se la stimolazione è troppo bassa. Diciamo che la terapia deve essere modulata a seconda della risposta della singola paziente.

Poi viene fatto un prelievo degli ovociti, sempre sotto guida ecografica, sempre per via vaginale, cioè dal basso e non per via addominale, questo viene fatto in genere per la stragrande maggioranza dei casi in anestesia generale molto blanda molto veloce per cui diciamo che la paziente dorme per pochi minuti ma comunque in ambiente sanitario protetto, come diciamo noi medici, dopodiché in laboratorio si mettono dai 50 e 100 mila spermatozoi motili intorno ad ogni ovocita, si attende che si verifichi la fecondazione cioè che lo spermatozoo riesca ad entrare dentro all’ovocita,  c’è un segno particolare che indica che sia avvenuto, dopodiché si attendono due o tre giorni che si formino le prime divisioni cellulari dell’embrione e dopodiché si ritrasferisce l’embrione con un catetere molto morbido all’interno dell’utero della paziente.

A questo punto si attendo quattordici giorni per vedere se la paziente è in gravidanza oppure no. Un’unica precisazione, le dimensioni di cui stiamo parlando, un embrione è un decimo di millimetro di diametro, significa che è più piccolo di un granello di polvere e quindi tutte queste manovre vengono fatte al microscopio, non si vedono ad occhio nudo, e questa è una delle difficoltà del nostro lavoro.

Un’altra metodica forse l’ultima, la più importante, ce ne sono tante, sto menzionando quella che più spesso si sente nominare è quella che noi chiamiamo ICSI, che sarebbe l’iniezione all’interno del citoplasma dell’ovulo del singolo spermatozoo. Questa è una metodica che si aggiunge alla fecondazione in vitro che ho appena descritto e che permette di ottenere la fecondazione con pochissimi spermatozoi, 2, 3, 5 spermatozoi e quindi permette di risolvere dei problemi maschili gravissimi. Anche pazienti che non hanno assolutamente spermatozoi nel liquido seminale possono essere trattati andando prelevare quei 3,4 spermatozoi di cui abbiamo bisogno direttamente dal testicolo anche lì con un pochino di anestesia.

 

 

Prof. Mauro Schimberni

Specialista in Ginecologia ed Ostetricia – Medicina della Riproduzione

Fondatore e direttore clinico di BioRoma – sede operativa presso la Clinica Valle Giulia in Via G. De Notaris, 2/b a Roma.

Contatti: 06 3334266

 

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