Inquinamento e infertilità maschile

Nel documento stilato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) vengono analizzati diversi modelli per identificare i potenziali impatti ambientali delle attuali tendenze demografiche ed economiche in assenza di politiche votate al ridimensionamento dell’inquinamento ambientale e dello sfruttamento delle risorse naturali. Il corrente modello di crescita e la gestione inadeguata delle risorse porterebbero, difatti, ad un serio rischio di compromissione dello sviluppo dell’umanità.

L’analisi si concentra su 4 diversi ambiti:

  • i cambiamenti climatici dovuti all’utilizzo degli idrocarburi fossili (petrolio e derivati, carbone) come fonte energetica;
  • la biodiversità;
  • le risorse idriche;
  • gli impatti dell’inquinamento sulla salute umana.

L’OCSE ha stimato che nell’Unione Europea l’inquinamento atmosferico sia responsabile di circa 600.000 morti premature e, contestualmente, di un significativo aumento di malattie soprattutto respiratorie (come asma, bronchiti, broncopneumopatie cronico-ostruttive, tumori polmonari). Nello stesso documento viene inoltre riconosciuto il ruolo dell’inquinamento atmosferico nell’infertilità sia maschile che femminile.

La continua esposizione a sostanze inquinanti nocive, quindi, oltre ad avere ripercussioni sulla salute in generale, può essere causa di danni al sistema riproduttivo sia negli uomini che nelle donne.

Come più volte dichiarato da diversi esperti del settore, gli agenti e le sostanze inquinanti che hanno effetti negativi sull’ambiente, sulla nostra vita e sulla nostra salute sono moltissimi: ad esempio gli iperfluorati (usati in un’ampia varietà di prodotti di consumo), gli ftalati (impiegati nei giocattoli per bambini),  i parabeni (utilizzati soprattutto nei profumi e nei saponi), il bisfenolo (usato principalmente per la produzione di plastiche). A questi vanno sicuramente aggiunti i fumi tossici per esempio di diossina che originano dagli incendi di materiale plastico e di rifiuti di ogni genere o tutti gli inquinanti che giornalmente ingeriamo perché presenti negli alimenti.

Gli studi scientifici hanno tra l’altro evidenziato come l’esposizione a queste sostanze inquinanti e tossiche possa causare mutazioni genetiche nel feto durante la gravidanza, con effetti irreversibili sul bambino.

Analizzando la situazione in Italia tramite i dati forniti dal Registro Nazionale sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) dell’Istituto Superiore di Sanità, si evince come circa il 15% delle coppie in età fertile abbia difficoltà più o meno importanti ad ottenere una gravidanza. Emerge inoltre che l’alterazione quantitativa e/o qualitativa dei parametri del liquido seminale (chiamata dispermia) sia diagnosticabile nel 29,3% degli uomini che accedono ai Centri di PMA.

L’impatto dell’inquinamento ambientale sulla fertilità, sia maschile che femminile, è un tema che negli ultimi anni ha destato un crescente interesse ed è diventato oggetto d’indagine in numerosi studi.

Indagini epidemiologiche hanno riportato un impatto negativo dei fattori ambientali e dell’esposizione ad agenti chimico-fisici sui parametri di qualità del liquido seminale, come il numero, la vitalità, la qualità e la motilità degli spermatozoi. Avvalorando l’evidenza che la prima causa di infertilità negli uomini sia proprio l’inquinamento ambientale.

Un recente studio cinese ha dimostrato come l’inquinamento causi anche alterazioni della forma degli spermatozoi, mentre un gruppo di ricercatori canadesi ha messo in luce i danni che l’inquinamento causa nel DNA.

Nel 2017 un team internazionale di scienziati, guidato da H. Levine  e S.H. Swan, ha pubblicato i risultati di un interessante studio sulla rivista scientifica Human Reproduction Update.  In questa indagine è stato dimostrato come la concentrazione degli spermatozoi si sia ridotta di oltre il 50% in poco meno di 40 anni (periodo analizzato: dal 1973 al 2011).

Uno studio italiano, pubblicato recentemente sulla rivista Environmental Toxicology and Pharmacology, ha rivelato che alcune sostanze inquinanti possono addirittura modificare la struttura del DNA provocando mutazioni che vengono trasmesse poi alla prole. Questa scoperta sottolinea quindi che non sono solo i soggetti esposti a sostanze inquinanti ad essere maggiormente vulnerabili a determinate patologie, ma anche le generazioni future.

Come racconta Luigi Montano – uro-andrologo della ASL di Salerno – gli studiosi hanno valutato il rischio di danni al DNA (frammentazione) negli spermatozoi in centinaia di maschi adulti sani residenti da almeno 5 anni in alcune aree dell’Italia fortemente inquinate, come ad esempio la Terra dei Fuochi (tra le province di Napoli e Caserta) e la città di Taranto, i quali non risultavano però esposti professionalmente a sostanze potenzialmente pericolose. Va precisato che la frammentazione del DNA dello spermatozoo è una forma di danno genetico che può causare problemi di fertilità e di sviluppo embrionale; ecco spiegato il motivo per cui i ricercatori hanno scelto questo tipo di danno genetico per valutare gli effetti negativi dell’inquinamento ambientale sulla fertilità maschile. Correlando l’incidenza di frammentazione del DNA spermatico con lo stile di vita che questi uomini conducevano (ossia se erano o non erano fumatori o bevitori o se facevano uso o meno di droghe), gli studiosi hanno scoperto che i livelli di frammentazione del DNA spermatico sono significativamente più elevati – e quindi il danno agli spermatozoi è maggiore – nei maschi residenti nelle zone fortemente inquinate rispetto agli uomini delle aree poco o per niente inquinate prese come “controlli” per il confronto.

Gli spermatozoi dei maschi residenti nelle zone fortemente inquinate risultavano inoltre ridotti per numero, meno mobili, meno vitali e maggiormente danneggiati dallo stress ossidativo, chiari indicatori di una peggiorata qualità dello sperma.

Un altro dato interessante riguarda la presenza di metalli pesanti: mentre nel sangue non era individuabile una presenza significativa di queste sostanze tossiche, nel liquido seminale ne è stato invece documentato addirittura un accumulo.

In conclusione, i ricercatori suggeriscono che la valutazione del DNA degli spermatozoi può essere un parametro utilizzabile sia come indicatore dello stato di salute individuale e della capacità riproduttiva del singolo, sia come dato affidabile per la valutazione degli effetti delle condizioni ambientali sulla popolazione in generale.

 

Cosa si può fare per bilanciare gli effetti negativi dell’inquinamento ambientale sulla fertilità e più in generale sulla salute?

É sicuramente necessario un progressivo cambio di direzione delle politiche energetiche e produttive che espongono il cibo, l’acqua e l’aria al diretto contatto con sostanze inquinanti di vario tipo. Nel frattempo è altamente consigliabile seguire le raccomandazioni fornite dalla comunità medica per tutelare la salute generale e quella riproduttiva: la misura principale è quella di limitare il più possibile l’esposizione agli agenti inquinanti presenti in alcuni cibi e prodotti di uso quotidiano, di vivere in aree verdi e poco trafficate e usare il meno possibile le auto. Gli effetti negativi dell’inquinamento in atto possono essere a loro volta controbilanciati adottando stili di vita salubri e corretti: ad esempio seguire un’alimentazione sana ed equilibrata e praticare costante attività fisica all’aperto in aree a contatto col verde. Fondamentale poi risulta l’abolizione di alcune cattive e nocive abitudini, quali il fumo di sigaretta, l’abuso di alcol e l’assunzione di droghe.

 

M. Leonardi e L. De Lauretis,

Centro Fertilità Istituto Clinico Città Studi di Milano

 

Fonti bibliografiche

  1. Bosco L et al. Sperm DNA fragmentation: An early and reliable marker of air pollution. Environ Toxicol Pharmacol 2018; 58: 243-249.
  2. Favé MJ et al. Gene-by-environment interactions in urban populations modulate risk phenotypes.
  3. Nat Commun. 2018; 9 (1): 827.
  4. Levine H et al. Temporal trends in sperm count: a systematic review and meta-regression analysis. Hum Reprod Update 2017; 23 (6): 646-659.
  5. Registro Nazionale sulla Procreazione Medicalmente Assistita dell’Istituto Superiore di Sanità. http://old.iss.it/rpma/

 

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