L’iperstimolazione ovarica è una complicanza rara ma potenzialmente seria dei trattamenti di stimolazione ormonale utilizzati nella procreazione medicalmente assistita. Si verifica quando le ovaie rispondono in modo eccessivo alla terapia, producendo una quantità sproporzionata di follicoli e causando sintomi che possono variare da lievi a gravi.
Sebbene questa condizione susciti preoccupazioni comprensibili, soprattutto per i rischi associati alle forme più severe, è importante sottolineare che oggi esistono strategie efficaci per riconoscerla e affrontarla. Conoscere i segnali d’allarme e affidarsi a specialisti competenti può fare la differenza nel vivere il percorso di cura con maggiore tranquillità.
Ne parliamo con il Dottor Giuseppe Renzi, esperto in medicina della riproduzione.
Cos’è la sindrome da iperstimolazione ovarica
La sindrome da iperstimolazione ovarica (Ovaric Hyper Stimulation Syndrome – OHSS) è una complicanza iatrogena, determinata dalla somministrazione di farmaci che si utilizzano nella procreazione medicalmente assistita per stimolare la crescita follicolare multipla e l’induzione della maturazione ovocitaria. Molto raramente si riscontra a seguito di gravidanze spontanee.
Si manifesta con un aumento del volume delle ovaie e con la comparsa di liquido nella cavità addominale e polmonare.
Quali sono i sintomi?
I sintomi variano in base alla gravità della sindrome, che può presentarsi in forma lieve o severa. Generalmente i sintomi di esordio si manifestano entro 4-7 giorni dal trattamento farmacologico e includono: distensione addominale e dolore, nausea, vomito, ascite, dispnea, restrizione della minzione, ipercoagulabilità, disturbi elettrolitici.
L’esordio tardivo, dopo nove giorni, in risposta all’aumento dell’hCG che indica la gravidanza, è più severo e allunga in modo significativo il decorso.
In casi molto rari possono comparire complicanze fatali, come l’insufficienza renale acuta, il tromboembolismo, la sindrome da distress respiratorio.
Quanto è frequente?
Secondo i dati dell’American Society for Reproductive Medicine la OHSS si verifica in forma moderata-severa nell’1-6% dei cicli. Tuttavia, la reale incidenza è difficile da stimare perché attualmente non esistono delle linee guida né una definizione condivisa dall’intera comunità scientifica.
Negli ultimi anni, in particolare dall’inizio dell’utilizzo del protocollo di stimolazione ovarica con antagonista, l’incidenza di OHSS è drasticamente ridotta. Infatti, in Italia il registro delle tecniche di FIV condotte nel 2021 vedevano un’incidenza dello 0.5% nelle tecniche di II livello e 0.1% in quelle di I.
Il rischio di sviluppare la OHSS è più alto nelle donne con la sindrome dell’ovaio policistico, che hanno meno di 30 anni, che hanno già avuto la OHSS o che restano incinte nello stesso ciclo di PMA in cui sviluppano la OHSS, in particolare se si tratta di una gravidanza multipla.
Come affrontare la sindrome da iperstimolazione ovarica?
Dopo aver effettuato una corretta diagnosi e aver prescritto gli opportuni accertamenti, la sindrome da iperstimolazione ovarica si affronta a seconda del grado di severità che assume.
È fondamentale monitorare attentamente l’andamento della sindrome, per identificare tempestivamente eventuali complicanze.
Secondo le indicazioni del RCOG – Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, nei casi di OHSS lieve, è possibile gestire la condizione a domicilio.
La raccomandazione è di bere a intervalli regolari e di gestire il dolore con il paracetamolo. I FANS sono sconsigliati, per l’eventuale compromissione renale che possono causare.
Nei casi di iperstimolazione ovarica lieve il trattamento è di tipo prevalentemente sintomatico, con:
- riposo a letto;
- monitoraggio dei sintomi e del peso corporeo;
- follow-upclinico-laboratoristici ravvicinati e correzione di eventuali squilibri idro-elettrolitici;
- analgesici e/o anti-emetici.
Nelle forme moderate-severe è invece indicata l’ospedalizzazione, con:
- monitoraggio di peso corporeo, circonferenza addominale e diuresi;
- controllo seriato dell’ematocrito, del quadro elettrolitico, della funzione renale e dei fattori di coagulazione;
- monitoraggio ecografico addomino-pelvico.
L’obiettivo è quello di ripristinare una corretta volemia ed emoconcentrazione, nonché di migliorare la perfusione renale. In caso di complicanze tromboemboliche, deve essere immediatamente instaurata una terapia con anti-coagulanti. In alcuni casi si può rendere necessaria la paracentesi.
È possibile prevenire l’iperstimolazione ovarica?
Varie sono le linee guida che si sono chiaramente espresse al riguardo, tra cui troviamo Royal College of Obstetricians & Gynaecologists e American Society for Reproductive Medicine del 2024, ma anche le European Society Human Reproduction and Embryology del 2020.
La prevenzione primaria consiste nell’identificazione della popolazione a rischio, con fattori di rischio primari, tra cui:
- età < 30 anni;
- micropolicistosi ovarica;
- BMI ridotto;
- valori elevati di AMH (> 3.4 ng/mL);
- elevata Conta Follicoli Antrali (AFC) (> 24);
- elevati valori di estradiolo alla somministrazione di hCG (> 3.500-4.000 pg/mL);
- elevato numero di follicoli sviluppati (> 35) dopo somministrazione di hCG.
Il giusto approccio mira pertanto a individuare, già nella fase di anamnesi, le pazienti più a rischio, per minimizzare l’insorgenza di tale sindrome, pianificando, quando possibile, un trattamento preventivo o alternativo.
La prevenzione secondaria, invece, è il riconoscimento di una condizione di sovrastimolazione ovarica, con la conseguente adozione di specifiche misure terapeutiche.
Qual è l’approccio migliore raccomandato?
Una recente review sistematica della letteratura scientifica ha considerato 28 revisioni sistematiche di studi randomizzati controllati con meta-analisi. I ricercatori hanno analizzato 37 interventi con potenziali effetti di riduzione dell’OHSS. Per ogni tipo di intervento è stato valutato l’effetto sugli outcome dello studio (ovvero la riduzione dell’incidenza e della gravità dell’OHSS, e gli effetti secondari sul tasso di gravidanza, aborti, incidenza di nati vivi, inoltre è stata valutata la qualità dello studio e la certainty of evidence (CoE).
Tra tutti i fattori investigati si è visto solo pochi interventi possono essere considerati efficaci per ridurre l’incidenza di OHSS e la sua gravità.
Personalizzazione della dose iniziale di gonadotropine
In particolare, per quanto riguarda la personalizzazione della starting dose di gonadotropine, si è mostrato un intervento sicuro ed efficace per le pazienti high responder, ma non per le low o normal responder. Tuttavia, l’evidenza in termine di qualità e numero di studi era bassa.
Le strategie di induzione dell’ovulazione sono cruciali
Abbiamo visto che l’OHSS è determinata da una intensa spontanea o iatrogena induzione dell’ovulazione; pertanto, le strategie di induzione risultano cruciali per la sua prevenzione. Effettuare l’induzione dell’ovulazione attraverso l’agonista in un protocollo corto con antagonista rappresenta una strategia efficace nella riduzione di OHSS.
Freeze all strategy
Una delle strategie sicuramente più efficaci nella riduzione del rischio OHSS è la freeze all strategy. Consiste nella crioconservazione di tutti gli embrioni che si formano in vitro differendo il transfer embrionario ad un ciclo diverso da quello della stimolazione ovarica, in questo modo si evita che in caso di instaurarsi di una gravidanza la continua produzione di hCG possa alimentare il circuito che porta al peggioramento della sintomatologia di questa sindrome.
Coasting
Il coasting è una pratica utilizzata per la prevenzione dell’OHSS. Consiste nella sospensione della somministrazione di gonadotropine e nel ritardare hcg fino ad una riduzione dei livelli di estradiolo sierico. Anche in questo caso abbiamo scarse evidenze sul beneficio del suo utilizzo.
Generalmente non è consigliata come prima linea per prevenire questa sindrome, ma in caso di mancata possibilità di utilizzo di altre strategie può essere presa in considerazione. Non è invece raccomandato l’utilizzo di inibitore dell’aromatasi o clomifene per prevenzione OHSS. La metformina invece, si è visto che non è raccomandata nella prevenzione dell’OHSS nei cicli di stimolazione con antagonista. Ha invece utilità nella prevenzione OHSS nei cicli di stimolazione con agonista.
Strategie per il controllo del picco di LH
Per quanto riguarda le strategie per il controllo del picco di LH queste comprendono l’utilizzo di agonisti e antagonisti GnRH o l’uso di progestinici, in quella che viene definita progestin primed ovarian stimulation. In particolare, si è osservato in numerosissimi RCT che l’utilizzo di antagonista riduce il rischio di OHSS rispetto all’agonista nel protocollo lungo.
I dopamino agonisti
Per quanto riguarda i dopamino agonisti come cabergolina, quinagolide e bromocriptina, legandosi ai recettori dopaminergici promuovono l’endocitosi dei recettori di VEGF e pertanto riducono la permeabilità capillare che è uno dei fattori eziopatogenetici coinvolti. Vi sono diversi trial che dimostrano l’utilità dell’utilizzo di questi farmaci vs placebo o no intervento per la prevenzione dell’OHSS.
Gli espansori di volume
Per quanto riguarda gli espansori di volume, sono stati proposti vari meccanismi che potrebbero prevenire OHSS attraverso l’incremento del volume intravascolare e della pressione osmotica, ridotta aggregazione piastrinica e quindi riduzione del rischio trombofilico. Per quanto riguarda l’albumina, in particolare una metanalisi in cui sono stati comparati studi con utilizzo di albumina vs placebo mostrava una riduzione dell’incidenza di OHSS moderata-severa nelle pazienti ad alto rischio.
Supporto della fase luteale
Anche il supporto della fase luteale tradizionale con progesterone, hcg, o intensificato con la somministrazione di analogo GnRH + progesterone 3 giorni post-transfer per intensificare la funzione di supporto di LH non ha dimostrato avere effetti sull’OHSS ad eccezione per hcg che peggiorerebbe il rischio.
Le raccomandazioni dell’ASRM
Con le ultime raccomandazioni rilasciate quest’anno, l’ASRM dice che le evidenze mostrano che nelle pazienti con fattori di rischio primari per OHSS è raccomandato l’utilizzo di un protocollo di stimolazione corto con antagonista.
Per quanto riguarda il trigger ovulatorio, ci sono forti evidenze che l’utilizzo dell’agonista rappresenti una strategia di prima linea per prevenire OHSS; a questo seguirà una freeze all, perché LBR delle pazienti che avevano effettuato trigger con autologo erano decisamente più basse rispetto a chi effettuava un freeze all. È possibile, tuttavia, ridurre il rischio di fallimento se all’agonista si aggiunge un adeguato supporto luteale se si programma un transfer a fresco.
Inoltre, è fortemente raccomandata l’aggiunta di dopamino agonisti come la cabergolina dal momento del pick-up nelle pazienti a rischio OHSS (grado di raccomandazione A).
Infine, le raccomandazioni riportano che la strategia di freeze-all riduce significativamente il rischio di OHSS moderata-severa.
Fonti:
- ASRM – American Society for Reproductive Medicine. Prevention of moderate and severe ovarian hyperstimulation syndrome: a guideline (2023). Ultimo accesso: dicembre 2024.
- SIAMS – Società Italiana di Andrologia e di Medicina della Sessualità. Sindrome da iperstimolaizone ovarica. Ultimo accesso: dicembre 2024.
- Palomba S, Costanzi F, Nelson SM, Caserta D, Humaidan P. Interventions to prevent or reduce the incidence and severity of ovarian hyperstimulation syndrome: a systematic umbrella review of the best clinical evidence. Reprod Biol Endocrinol. 2023 Jul 21;21(1):67. doi: 10.1186/s12958-023-01113-6. PMID: 37480081; PMCID: PMC10360244.