In questo articolo, scritto in collaborazione con il Dottor Vincenzo Marrone, specialista in ginecologia e medicina della riproduzione, approfondiamo due degli aspetti cruciali della Procreazione Medicalmente Assistita: la coltura in vitro e il transfer embrionario.
Quanti embrioni trasferire?
Obiettivo della moderna medicina della riproduzione è la nascita di un singolo bambino sano. Tuttavia, in questi 40 anni di storia della PMA, la ricerca di migliori outcome riproduttivi ha spinto i clinici al trasferimento di più di un embrione in ciascun ciclo di PMA con conseguente incremento delle gravidanze multiple (Collins J. 2006).
Risulta evidente, dunque, la necessità di attuare una strategia per arginare quella che venne ad essere definita come “un’epidemia iatrogena di gravidanze gemellari”. Un intervento efficace a tale scopo è quello di passare al trasferimento di un singolo embrione (SET – Single Embryo Transfer).
Le gravidanze multiple sono da considerarsi a rischio sia per la madre che per i prodotti del concepimento, e tale rischio è direttamente proporzionale al numero di feti.
Il trasferimento di un singolo embrione si è evoluto come il nuovo gold standard nella PMA, e in diversi paesi europei, il numero di embrioni da trasferire è imposto per legge. Negli Stati Uniti, la Practice Committee della Society of Assisted Reproductive Technology (2017) ha pubblicato una nuova serie di linee guida che raccomandano il SET in specifiche popolazioni di pazienti.
A che stadio trasferire gli embrioni?
Negli studi iniziali sulla PMA, a causa di carenze riconosciute dei terreni di coltura, l’obiettivo era quello di trasferire gli embrioni il più rapidamente possibile, nell’ambiente materno. Di conseguenza la maggior parte dei trasferimenti embrionali avveniva in 2° giornata. Successivamente, con il riconoscimento del fatto che si poteva ottenere un vantaggio nella selezione degli embrioni attraverso il prolungamento della durata della coltura, è diventato comune il trasferimento al 3° giorno.
Negli ultimi anni, il perfezionamento delle tecniche di laboratorio e dei mezzi di coltura hanno permesso anche un miglioramento della sopravvivenza in vitro degli embrioni.
Grazie a questi miglioramenti ora è possibile, in alcuni casi, un trasferimento di blastocisti al 5° giorno, cioè di embrioni formati da 100-200 cellule. L’ulteriore vantaggio è di migliorare la sincronia tra l’embrione e l’endometrio (avvicinandosi al momento in cui l’embrione giunge naturalmente in utero dalla tuba di Falloppio) (Castro-Redon et al. Med biol res. 2006).
Dall’ultimo report ISS riferito all’attività nell’anno 2020 è visibile come nel corso degli anni il SET sia diventato la scelta più adottata nei centri di PMA italiani.
Prolungare la coltura embrionale: i vantaggi
Il prolungamento della coltura embrionale sino allo stadio di blastocisti offre tutta una serie di vantaggi teorici e pratici, tra cui:
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Opportunità di selezionare gli embrioni più adatti per il transfer attraverso una sorta di selezione naturale.
Estendere la coltura in vitro dell’embrione di ulteriori 2 o 3 giorni rispetto al cleavage stage embryo, passando così dal transfer in terza giornata al transfer in quinta/sesta giornata, permette una self-selection degli embrioni che iniziano ad esprimere attivamente il proprio genoma a partire dal giorno 3.
In questo modo si identificano gli embrioni capaci di continuare il loro sviluppo in vitro fino allo stadio di blastocisti e quindi, almeno teoricamente, si selezionano quelli con una probabilità di impianto più elevata.
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Più fisiologica sincronizzazione temporale tra embrione ed ambiente uterino
Il motivo di questa “sincronia” nell’impianto tra blastocisti ed endometrio materno risiede nel fatto che in natura, nella donna fertile con tube pervie, l’embrione generatosi dalla fecondazione dell’ovocita da parte dello spermatozoo a livello dell’ampolla tubarica, va incontro alle prime fasi di clivaggio all’interno della tuba stessa e attraversa la giunzione utero-tubarica tra la fine del giorno 3 e l’inizio del giorno 4.
Proprio per questo motivo trasferire l’embrione in utero in uno stadio più avanzato ha come risultato quello di esporre l’embrione stesso ad un ambiente che è, anche dal punto di vista temporale, sostanzialmente analogo a quanto avviene in condizioni naturali (ASRM 2013).
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Un potenziale decremento del numero degli embrioni trasferiti
Il trasferimento di blastocisti andrebbe quindi ad aumentare la probabilità di gravidanza per embrione trasferito. Questo è particolarmente rilevante nel contesto in cui si vadano a preferire trasferimenti di singoli embrioni nell’ambito della diminuzione del rischio di gravidanze gemellari con i rischi ad esse correlate.
Qualora vi sia un numero esiguo di ovociti e/o di embrioni, dato il rischio che nessuno di essi riesca a sopravvivere al di fuori dell’utero materno per lunghi tempi di coltura si preferisce, ancora, effettuare il transfer embrionario non oltre il terzo giorno dal pick-up.
La crioconservazione e transfer di blastocisti crioconservata
Dalla seconda metà degli anni ‘80 il congelamento e il successivo stoccaggio degli embrioni derivati da tecniche di fecondazione in vitro è entrato nella routine dei centri che trattano la sterilità di coppia. Questo, soprattutto in seguito allo sviluppo di nuove metodiche di congelamento (vitrificazione) (Rienzi et al 2017).
In uno studio multicentrico (Rienzi et al. 2017) viene affermato che già nel 2011 era dimostrata la sicurezza e l’efficacia della crioconservazione, sottolineando un trend crescente in Europa visto che la proporzione di transfer di embrioni crioconservati era arrivato a contribuire sul totale dei transfer effettuati per il 32% rispetto al 28% dell’anno precedente.
Oggi la crioconservazione è oramai diventata parte integrante dei trattamenti per la sterilità e per la preservazione della fertilità.
Nei cicli di PMA la crioconservazione degli embrioni aumenta il cumulative live birth rate (tasso di gravidanza sull’insieme di ovociti fertilizzati da un unico ciclo di stimolazione) e offre la possibilità di ridurre il rischio di gravidanze multiple e il rischio di sindrome da iperstimolazione ovarica (attraverso il Freeze-all).
La Crioconservazione di tutti gli embrioni, definita Freeze-all nelle pazienti a rischio elevato di sviluppare la sindrome da iperstimolazione ovarica è allo stato attuale l’alternativa più vantaggiosa e sicura per la paziente (ASRM 2018).
I dati presenti in letteratura, però non fanno distinzione tra le gravidanze ottenute dopo transfer di blastocisti a fresco e crioconservate (Maheshwari A et al. 2016, Sha et al. 2018.).
La crioconservazione delle blastocisti ha rappresentato un traguardo importante nella PMA. Tale procedura, di fatti, viene effettuata o per un surplus di embrioni non utilizzabili a fresco nel ciclo di PMA in corso, al fine di evitare alla donna ulteriori trattamenti ormonali o in caso di rischio elevato di sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS) dove viene effettuato l’approccio freeze-all.
Per il trasferimento delle blastocisti crioconservate può essere utilizzato il ciclo spontaneo, oppure può essere adottata la preparazione endometriale con la somministrazione di estradiolo valerato.
La supplementazione con progesterone inizia il giorno dell’avvenuta ovulazione per i cicli spontanei e nei cicli indotti in presenza di un endometrio trilineare all’USG-TV con spessore di circa 10 mm.
Dopo 5 giorni di supplementazione con progesterone viene eseguito il trasferimento in utero previo scongelamento della blastocisti.
Le pazienti gravide continuano tale terapia fino al riscontro ultrasonografico di uno o più sacchi gestazionali intrauterini e del battito cardiaco fetale (ecografia al 34°-36° giorno dopo hCG).
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Fonti:
- Castro-Redon et al. Med biol res. 2006
- Craig Niederberger, Antonio Pellicer, Jacques Cohen, David K Gardner, Gianpiero D Palermo “Forty Years of IVF.” Fertil Steril July 15, 2018 Volume 110, Issue 2, Pages 185–324.e5.
- Moubasher A, Abdel-Raheem T, Ahmed H, et al. An Open Prospective Study on Whether Intracytoplasmic Morphologically Selected Sperm Injection (IMSI) Offers a Better Outcome Than Conventional Intracytoplasmic Sperm Injection (ICSI). Cureus 2021 Nov 1;13(11):e19181.
- Teixeira DM, Hadyme Miyague A, Barbosa MA, et al. Regular (ICSI) versus ultra-high magnification (IMSI) sperm selection for assisted reproduction. Cochrane Database Syst Rev 2020 Feb 21;2(2):CD010167.
- Lo Monte G, Murisier F, Piva I, et al. Focus on intracytoplasmic morphologically selected sperm injection (IMSI): a mini-review. Asian J Androl 2013;15:608-15.