“Ho deciso di raccontare un periodo doloroso della mia vita con la speranza di aiutare chi, suo malgrado, si ritrova a vivere un’esperienza simile. Ammalata di una forma grave di endometriosi, ho dovuto dire addio per sempre al mio utero con ripercussioni psicologiche che mi hanno segnata in maniera indelebile. Mi sono sentita sola. Mi sono sentita svuotata, in senso fisico e spirituale. Non ho trovato la comprensione e la solidarietà che avrei voluto, piuttosto superficialità. Questo libro nasce con l’intento di far sentire meno sola chi lotta contro l’endometriosi e contro tutto quello che questa malattia comporta con la consapevolezza di non potere avere un figlio con la pancia”. “…ci sono stati attimi della mia vita in cui ho pensato di morire dal dolore. Per quello fisico, ma soprattutto per quello morale. Mi sono sentita svuotata dentro. Mi sono sentita sola, terribilmente sola. A nulla serviva l’affetto e l’amore di chi mi circondava. Il dolore, la rabbia, la sofferenza erano più forti di ogni altra cosa. Ho creduto che mai sarei potuta tornare a sorridere. Ho pensato di essere destinata a soffrire per sempre. Mi sono sbagliata, grazie al cielo. Pian piano mi sono riscoperta meno sola, meno arrabbiata con il mondo. Perfino con le donne incinte. Sono passati pochi mesi dall’intervento di isterectomia, ma a volte ho quasi l’impressione che siano trascorsi anni. Continuerò sempre a difendere il punto di vista delle donne che si sono ritrovate a vivere esperienze simili alle mie, esperienze che inevitabilmente si portano appresso dolore, rabbia e frustrazione. Ora però ho imparato a vedere le cose con occhi diversi. Resta una sofferenza vera, ma parte di quel dolore ha lasciato spazio alla speranza. Speranza di cosa? Prima di tutto quella di diventare presto mamma. Mio figlio non uscirà dalla mia pancia, ma sarà mio figlio. Lo sarà esattamente come lo sarebbe stato quello che la malattia mi ha negato. Ma c’è dell’altro. Nella mia quotidianità ho ritrovato tante cose belle che pensavo di avere smarrito per sempre: la carezza di un amico, l’abbraccio di un’amica, le coccole della mia famiglia, le passeggiate con il mio cane. Sono perfino riuscita ad andare al battesimo del figlio dei miei cugini. Non ho pianto. Non ho neppure sofferto. L’ho trovato semplicemente un bel bambino. Non ho provato invidia nei confronti dei suoi genitori. Non è un punto di arrivo, lo so bene. È piuttosto un punto da cui ripartire. E da qui ho davvero voglia di iniziare a correre”.