Tra i rischi della PMA l’età troppo avanzata delle italiane e una legislazione limitante
I dati che emergono dal Registro nazionale della procreazione medicalmente assistita (http://www.iss.it/rpma/) sono abbastanza inquietanti: non solo fotografano un Paese sostanzialmente a crescita zero, ma testimoniano che l’accesso ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita avviene da parte del 33,7% di donne over 40. E uno dei rischi della PMA è proprio questo: iniziare l’iter in età troppo avanzata. Ma andiamo per gradi!
La legge 40 impone limiti che creano ulteriori problemi alle aspiranti madri in età avanzata
Chi si trova a vivere “il dramma” della fecondazione assistita spesso si rivolge all’Associazione “Luca Coscioni” in cerca di una sponda per creare un fronte comune contro i limiti imposti dalla legge 40 che ancora permangono.
Attualmente gli embrioni non idonei per una gravidanza che non possono essere trasferiti in utero per non danneggiare la salute della donna sono crioconservati presso i centri di procreazione medicalmente assistita senza alcuna destinazione poiché la legge 40 del 2004 ne vieta la distruzione e l’uso per la ricerca scientifica. Lasciare inutilizzata e destinata, nel tempo, alla distruzione in azoto liquido una simile riserva di potenziali informazioni rappresenta non solo uno spreco ma un’amara e ingiusta risposta alle migliaia di persone malate che soffrono aspettando che la ricerca fornisca loro una cura riferiscono dall’Associazione Coscioni.
Serve rivedere la legislazione in materia di fecondazione assistita e cercare un figlio prima
Va anche detto che se invece di vietare l’uso degli embrioni ritenuti non idonei alla gravidanza se ne consentisse l’impiego permarrebbe il problema dell’età troppo avanzata di accesso alla fecondazione assistita, perché oggi le aspiranti madri italiane spostano sempre più in là l’età in cui cercare un figlio. Ciò produce un circolo vizioso: il ritardo nella ricerca di un figlio naturale e poi il mancato concepimento fa sì che la richiesta di accesso alla fecondazione assistita avvenga in un’età troppo avanzata. E questo si traduce nell’andare incontro a uno dei rischi della PMA causati proprio dall’età tardiva: ancora una volta mancata gravidanza oppure, nel caso in cui, invece, la fecondazione vada a buon fine, il pericolo di malattie per il nascituro. Così ci spiega la professoressa Giulia Scaravelli responsabile del Registro nazionale della procreazione medicalmente assistita.
È quindi auspicabile che per abbattere il più possibile i rischi della PMA ci si muova su due fronti: uno legislativo, che consenta un uso non limitato dei propri embrioni, un altro “personale”, ovvero che faccia “ragionare” le coppie sull’opportunità di “mettere in cantiere” un figlio prima in modo che eventuali problemi di fertilità possano essere risolti con più facilità.