Giorno: 5 Novembre 2024

Una delle fasi più delicate dell’ovodonazione, o fecondazione eterologa con donazione di gameti, è la selezione della donatrice. Ricordiamo che una donna è idonea ad essere donatrice di ovociti solo dopo aver superato tutte le prove previste dall’iter diagnostico.

Per fare chiarezza ne abbiamo parlato con la Dottoressa Michela Benigna, ginecologa, Direttrice Internazionale di Institut Marqués.

Come viene selezionata la donatrice?

La legge europea prevede di selezionare la donatrice in base alle caratteristiche fisiche della coppia che riceve l’ovocita. Di conseguenza, nei centri di PMA la coppia solitamente compila un modulo in cui deve indicare alcune caratteristiche dei partner.

Queste, generalmente, sono: il gruppo sanguigno, la razza, il colore degli occhi, colore dei capelli e la texture, ovvero se sono lisci, ondulati o ricci, la carnagione – bianca o olivastra – della pelle.

In alcuni Centri si richiede anche una foto in primo piano, perché a parità delle caratteristiche indicate prima, si ricerca una somiglianza anche con la forma del naso, degli occhi, della bocca.

La selezione spetta ai medici che si occupano delle donatrici e che, quindi, possono individuare la persona più idonea, più compatibile con la coppia ricevente. La pratica è regolata in Italia dalla Legge 40/2004 e modifiche successive, che dal 2014 hanno reso legale la fecondazione eterologa nel paese.

In cosa consiste il matching genetico?

Durante il processo di selezione della donatrice, sempre più spesso si richiede anche un test genetico al partner maschile che analizza 200-600 geni di malattie genetiche recessive. Questo test è utile perché ognuno di noi è portatore di almeno una o due mutazioni genetiche; di conseguenza, una volta determinate quelle del partner maschile e identificata la donatrice compatibile alla coppia, si procede con il matching genetico.

Perché è utile?

In questo modo si può escludere che, casualmente, quella donatrice sia portatrice di una o più mutazioni uguali a quelle del partner maschile e di conseguenza annullare quello che è il rischio minimo che ogni coppia può avere di generare dei figli con patologie genetiche recessive.

L’ovodonazione è una tecnica di fecondazione assistita di tipo eterologo, che utilizza ovociti esterni alla coppia per ottenere una gravidanza. Questo metodo viene utilizzato quando la ricevente non può utilizzare i propri ovociti per diverse ragioni, ad esempio la menopausa precoce o una patologia che sia causa irreversibile di sterilità. La pratica è regolata in Italia dalla Legge 40/2004 e modifiche successive, che dal 2014 hanno reso legale la fecondazione eterologa nel Paese.

Il coinvolgimento di una persona esterna alla coppia è un aspetto che può generare preoccupazione e timori. Uno di questi riguarda il processo che porta una donna a diventare donatrice.

Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Michela Benigna, ginecologa, Direttrice Internazionale di Institut Marqués.

 Quali sono i requisiti per diventare donatrice?

Per ottenere l’idoneità ad essere donatrice è necessario sottoporsi a una serie di test e possedere alcuni requisiti ben precisi.

L’età

Il primo requisito è l’età: le donatrici sono ragazze giovani che hanno tra i 18 e i 34 anni e 364 giorni, che è il periodo in cui la fertilità femminile è al massimo. Per questo motivo, la legge lo ha definito come ideale per essere donatrice di ovociti.

Profilo psicologico

L’iter prosegue con i test psicologici e la consulenza psicologica. Si delinea il profilo psicologico della ragazza e, attraverso la raccolta dell’anamnesi familiare, si esclude la presenza di patologie psichiatriche. Queste ultime, pur non avendo un carattere genetico, hanno un carattere familiare; perciò, l’assenza di tali patologie è un requisito indispensabile.

Valutazione della riserva ovarica

Superati i primi due step si prosegue con la valutazione della riserva ovarica, attraverso il dosaggio degli ormoni antimulleriano, LH, FSH ed estrogeni e si va a fare la conta dei follicoli antrali. Infatti, non è detto che una ragazza giovane abbia per forza una riserva ovarica tale da poter essere donatrice.

Esami genetici

Seguono gli esami genetici. Oltre al cariotipo, ultimamente si effettua anche lo studio genetico dei sei geni per le malattie recessive a maggior incidenza: che sono l’Alfa e la Beta talassemia, l’X fragile, la fibrosi cistica, la distrofia muscolare e la sordità non congenita. Naturalmente le potenziali donatrici devono risultare negative.

Stato di salute generale

Poi si valuta lo stato di salute generale, per escludere la presenza di patologie quali ad esempio un diabete di tipo insulinodipendente, problemi di pressione, problemi cardiaci, respiratori gastrointestinali. Questa valutazione viene fatta con un esame obiettivo, quindi con una visita in presenza, completata da esami ematochimici. Durante la visita i colleghi raccolgono l’anamnesi familiare della ragazza, per escludere la presenza di altre patologie a carattere genetico o a predisposizione familiare che nella progenie tendono a svilupparsi in età sempre più precoce. Se emergono elementi in tal senso, l’iter diagnostico viene interrotto.

Esami infettivi

Infine, come per i donatori di sangue, si eseguono gli esami infettivi, quindi epatite B, C, HIV e sifilide, non solo ricercando gli anticorpi ma anche andando a fare l’analisi PCR. L’obiettivo è escludere la presenza del virus nel DNA o nell’RNA.

Solo dopo aver superato tutte queste prove, la ragazza riceve un certificato di idoneità per essere realmente una donatrice di ovociti.