Giorno: 24 Gennaio 2017

Oggi sono molte le donne che hanno difficoltà a rimanere incinte. Le ragioni sono varie: in primis, sicuramente, rispetto a una volta, l’età anagrafica più alta in cui si decide di avere un figlio. Ecco, allora, che prima di parlare d’infertilità o di ricorrere a tecniche più sofisticate, il ginecologo può consigliare, come primo tentativo, di provare con una stimolazione ovarica semplice.
Andiamo a vedere, allora, come funziona questa procedura.

Per una-due settimane si assumono ormoni che inducono la produzione follicolare

La stimolazione ovarica semplice consiste nell’assunzione di farmaci – per la precisione gli ormoni FSH (follicolo stimolante) e LH (luteinizzante) – atti a indurre un’ovulazione di modo che l’ovaio produca follicoli maturi di almeno 18 millimetri di diametro contenenti un ovocita da fecondare.
La terapia è dunque finalizzata a scegliere gli spermatozoi idonei a sbloccare le tube uterine in modo da permettere il passaggio degli ovociti. In questo senso la stimolazione ovarica semplice si rivela particolarmente adatta alle donne sopra i 40 anni che faticano ad avere figli.
La procedura è semplice: la paziente dovrà seguire la cura a base di ormoni per un periodo che varia da una a due settimane iniettandosi, per via sottocutanea o intramuscolare, i farmaci. Tutto questo avverrà con la supervisione di un medico che terrà sotto controllo l’andamento della terapia e la risposta della donna mediante monitoraggio e controlli ormonali.
Durante l’ecografia, eseguita con una sonda transvaginale, il ginecologo, già a distanza di 2-3 giorni dalla prima iniezione, valuta la risposta ovarica.

La procedura di stimolazione ovarica semplice può essere ripetuta più volte

Ormai diffusi da tempo, i ginecologi considerano sicuri questi trattamenti di stimolazione ovarica semplice, tanto che, se non andassero subito a buon fine, possono essere ripetuti anche fino a 8-9 volte senza rischi per la salute futura della donna.
Potrebbero esserci, però, degli inconvenienti legati ai principali effetti secondari derivanti dall’assunzione di ormoni: tensione addominale, gonfiori, difficoltà digestive, nausea, diarrea, aumento di peso, pelle e capelli più secchi, urina più scura.

Dott. Placido Borzì.

Esistono numerosi protocolli di stimolazione ovarica ma, per la fecondazione in vitro, i più utilizzati sono i protocolli di stimolazione lungo e corto. In entrambi i casi i farmaci impiegati sono gli stessi, mentre le differenze sostanziali riguardano il momento di somministrazione e le candidate all’accesso.
Vediamo allora di vedere, un po’ più nel dettaglio, quali sono le differenze sostanziali tra i protocolli di stimolazione lungo e corto.

 

Come funziona il protocollo di stimolazione lungo

Nel protocollo di stimolazione lungo la paziente inizia ad assumere gli ormoni il secondo giorno del ciclo. La funzione svolta da questi farmaci è di sopprimere gli ormoni FSH e LH in modo da bloccare l’ovulazione e la produzione di estradiolo. La soppressione controllata delle ovaie con il protocollo FIVET di stimolazione lungo prevede che i follicoli che si origineranno non saranno di dimensioni superiori ai 15 mm e consente allo specialista di controllare completamente la stimolazione ovarica, al fine di evitare una luteinizzazione precoce, ovvero un picco di LH intempestivamente determinato come risposta a concentrazioni crescenti di estrogeni, cioè quando il follicolo è ancora immaturo.
La stimolazione ovarica si effettua con antagonisti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) e di norma la crescita follicolare è stabile. Una volta verificato che i follicoli hanno le giuste dimensioni (inferiori a 17 mm) e che il livello di estradiolo è buono (150-200 pg/ml), si somministra hCG (human chorionic ormone) o gonadotropina corionica per ottenere la maturazione ovarica finale. Queste iniezioni di hCG vengono somministrate, infatti, 32-36 ore prima del prelievo degli ovociti.

 

Come funziona il protocollo di stimolazione corto

Il protocollo di stimolazione corto ha durata di circa 4 settimane e corrisponde al ciclo naturale. Tende a essere consigliato alle donne “più avanti con l’età” (in genere dai 37 anni in su) soprattutto se hanno mostrato una bassa risposta delle ovaie nei precedenti cicli.
Tra i protocolli di stimolazione lungo e corto, la differenza è che in quest’ultimo la stimolazione inizia subito il primo giorno del ciclo per sfruttare la liberazione massiva di gonadotropine endogene che si verifica con la somministrazione di GNRHa, prima che s’instauri il blocco ipofisario. Se tutti i controlli e le analisi del sangue vanno bene si procede subito con la somministrazione delle GnRH antagoniste.
I vantaggi sono che, a differenza del protocollo lungo, la quantità introdotta di ormoni è molto più bassa. Se la donna non risponde a questo tipo di stimolazione è chiaramente evidente fin da subito che non può produrre ovuli per conto proprio e che, se desidera un figlio, l’unica opzione praticabile è un programma di FIVET che preveda l’ovodonazione.

Dott. Placido Borzì