La Consulta ammette a eterologa e diagnosi preimpianto coppie fertili, portatrici sane di malattie genetiche. Ora bisogna reperire i donatori
Maggio ha segnato un punto di svolta fondamentale nella vicenda tormentata della Legge 40/2004. L’abolizione del divieto di accesso alla fecondazione eterologa per le coppie fertili, ma portatrici sane di una malattia genetica. La Consulta si è finalmente pronunciata per il sì alla procedura di PMA eterologa per queste coppie il 15 maggio scorso, dopo una serie di rinvii che avevano messo a dura prova le speranze delle molte coppie italiane che avevano presentato ricorso contro una norma definita incostituzionale.
È una vittoria che va ascritta alla perseveranza di queste famiglie e all’appoggio incondizionato di più associazioni che da tempo le sostengono, a iniziare dall’Associazione Luca Coscioni e dall’Avvocato Filomena Gallo, sempre in prima linea, ma senza dimenticare altri, come Amica Cicogna, Parent Project, HERA. L’abolizione del divieto apre quindi le porte alla diagnosi preimpianto dell’embrione, che minimizzerà il rischio di aborto, sia spontaneo, sia richiesto (IVG, interruzione volontaria di gravidanza) proprio per il manifestarsi di una malattia genetica non compatibile con la vita del nuovo essere umano, o comunque destinata a procurargli gravi patologie.
Commenta su “Il Quotidiano Giuridico” Antonio Vallini, professore associato di Diritto Penale delll’Università di Firenze: «La decisione della Corte Costituzionale trae senso da un lungo percorso dottrinale e giurisprudenziale (…). Se si consente, come fa nel nostro ordinamento, la Legge 194/78, il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) nel caso in cui si riscontrino gravi malattie del feto destinate ad avere ripercussioni sul benessere psico-fisico della madre, è evidentemente insensato vietare, al contempo, la selezione e diagnosi preimpianto (PGD), quand’esse possano prevenire i medesimi problemi in una fase ancor più anticipata e con minori rischi per la salute della donna».
Vallini prosegue sottolineando che «un tale divieto, infatti, non tutelerebbe il concepito (vista la possibilità, comunque, di abortire) e invece impedirebbe alla donna di ricorrere, tra più interventi funzionalmente corrispondenti, a quello meno invasivo e meno rischioso. Con violazione, dunque, degli artt. 3 e 32 della Costituzione». Tra l’altro, ribadisce Vallino, la stessa Legge 40/2004 «non delinea in alcun dove, esplicitamente, un divieto di PGD (diagnosi preimpianto)». Il ministero della Salute, dal canto suo, ha già dichiarato che darà “piena attuazione” a quanto deciso dalla Consulta, non appena saranno depositate le motivazioni della sentenza «eventualmente integrando il testo delle nuove linee-guida appena approvate dal Consiglio Superiore di Sanità».
Via libera, dunque, alla PMA con fecondazione eterologa anche alle coppie finora escluse. Nel frattempo, le Regioni aggiornano le proprie delibere in materia di PMA in generale. Laddove il Tar del Veneto ha deciso, il 9 maggio, di abolire il limite d’età a 43 anni per la donna che vuole ricorrere all’eterologa in Centri Pubblici, la Provincia di Bolzano mantiene tale vincolo di età e, con 60 coppie già pronte per sottoporsi alla procedura nel Centro pubblico di Brunico, attende la delibera conclusiva da parte della Giunta Provinciale, che dovrebbe arrivare entro giugno. La fecondazione eterologa aumenta le possibilità di successo della PMA, portandole a oltre il 50%, ma resta l’ostacolo, non da poco, del reperimento di gameti (ovociti o seme).
La Toscana li acquista all’estero. Anche il Friuli Venezia Giulia ha stabilito che, a partire da settembre, sarà possibile utilizzare gameti provenienti dall’estero, per i quali si prevede un rimborso ai donatori, ciò che la Legge 40/2004 vieta, nonostante che, per completare l’intero iter, i donatori debbano necessariamente assentarsi dal lavoro. Infatti la donazione è preceduta da colloqui e valutazioni preliminari e, per la donna, da iperstimolazione ovarica. A debita distanza di tempo si procede al prelievo degli ovociti in sedazione: una procedura decisamente più complessa rispetto a quella maschile. Inoltre, nel caso di donazione di ovociti, i limiti di età sono stringenti: dai 20 ai 35 anni (18-40 per gli uomini).
Tra l’altro, bisogna sempre ricordare che non basta un solo ovocita per procedere a un’eterologa: in genere ne occorrono circa dieci per ciascun tentativo. Ecco perché i costi relativi alla sola disponibilità di ovociti sono calcolati per ogni procedura tra i 4 e i 5mila euro (500 euro per ovocita). Occorre quindi da un lato sensibilizzare la popolazione al tema della donazione di gameti, sia maschili, sia soprattutto femminili, ma anche rendere pienamente operativo un Registro nazionale dei donatori e, contemporaneamente, proporre il tema non secondario del compenso per chi dona. Un’alternativa può intanto essere l’egg-sharing, vale a dire la compartecipazione di ovociti sovrannumerari, messi a disposizione (in modo anonimo) da donne che stanno affrontando un percorso di PMA e che perciò, essendosi sottoposte a iperstimolazione ovarica, possono decidere liberamente di far dono degli ovociti non utilizzati.